Atac, 17 membri del Cda a rischio processo per appalto mense: 14 mln di sprechi

di redazione Blitz
Pubblicato il 12 Luglio 2017 - 17:42 OLTRE 6 MESI FA
Atac, 17 membri del Cda a rischio processo per appalto mense: 14 mln di sprechi

Atac, 17 membri del Cda a rischio processo per appalto mense: 14 mln di sprechi

ROMA – Diciassette membri del cda di Atac e Cotral in carica dall’1 gennaio 2013 al dicembre 2015 sono indagati dalla procura di Roma per abuso d’ufficio in merito all’affidamento, senza gara pubblica, ai Dopolavoro della gestione delle mense aziendali.

Il pm della Procura di Roma Nicola Maiorano ha concluso gli accertamenti e notificato il relativo avviso agli indagati i quali rischiano ora di finire sotto processo.

L’affidamento diretto ai Dopolavoro senza passare per la gara pubblica riguardava non solo le mense aziendali delle due aziende di trasporto pubblico di Roma e Lazio, Atac e Cotral, ma anche i bar, le barberie e i distributori automatici di snack e bevande.

Sull’attività del Dopolavoro Atac indaga anche la Corte dei Conti che all’azienda ha già chiesto la documentazione relativa all’accordo tra azienda e sindacati sulla gestione dei contributi, le ricevute di pagamento dei distributori automatici e la relazione di controllo da parte di Atac del servizio mensa.

L’inchiesta, partita dalla denuncia dell’ex direttore generale di Atac Marco Rettighieri, e delegata ai finanzieri del nucleo di polizia tributaria, ha evidenziato la violazione delle norme del codice appalti da parte degli indagati per aver affidato ai rispettivi Dopolavoro Atac e Cotral, la gestione della refezione aziendale.

Secondo quanto accertato dalle fiamme gialle, se le due aziende di trasporto pubblico avessero affidato il servizio tramite gara d’appalto avrebbero risparmiato rispettivamente 8,7 milioni di euro (Atac) e 5,7 milioni (Cotral). Gli accertamenti hanno consentito di scoprire anche un’evasione Iva di oltre un milione di euro.

I Dopolavoro, grazie a tale gestione in regime di monopolio, hanno gestito, nel solo periodo 2011-2015 un giro di affari di quasi 30 milioni di euro. Il tutto, per l’accusa, è avvenuto attraverso l’aggiro della normativa in materia di appalti pubblici, nonostante il divieto per le pubbliche amministrazioni di acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo da enti di diritto privato se non in base a procedure a evidenza pubblica e il divieto di erogare contributi a carico delle finanze pubbliche ad associazioni che forniscono servizi a favore dell’amministrazione.