Bagnasco anti Bertone: “Il mio Papa un padre”. Folla commossa a Genova

Pubblicato il 25 Febbraio 2013 - 06:13| Aggiornato il 9 Aprile 2013 OLTRE 6 MESI FA
card. angelo bagnasco

Angelo Bagnasco, cardinale arcivescovo di Genova: “Il Papa, un padre”

Suona con un altro tono molto più dolce la preghiera del cardinale di Genova, Angelo Bagnasco, per il Papa che se ne va. Altro che gli anatemi anti mediatici del cardinale Tarcisio Bertone, “ArciTarci”, altro che le sue censure contro il sistema dell’informazione che travisa, esagera, colpisce la Chiesa alle spalle!

Nella cattedrale di Genova, San Lorenzo, sprofondata nei vicoli, in una domenica di neve e gelo, davanti a una folla mai vista, Bagnasco rimette le cose al loro posto tra il Papa che da tre ore ha salutato per sempre la folla in piazza San Pietro all’ Angelus e la tempesta che scuote il Vaticano in attesa del conclave più drammatico della storia moderna.

“ Il solco è quello del Concilio Vaticano II”, spiega dall’altare, durante l’omelia, il presidente della Cei, il cardinale genovese, successore di Tarcisio Bertone sulla cattedra episcopale genovese. “Siamo un popolo in cammino verso Dio, sappiamo da dove veniamo e dove andiamo. La Chiesa e il suo capo sono una sola complessa realtà divina e umana, quindi molteplice. La sua natura è un mistero, ma guai a pensare che sia una organizzazione; è, invece, come un organismo. Guai a a giudicarla in un modo solo, considerando solo gli errori della Chiesa umana. La Chiesa è salda, la barca condotta dal successore di Pietro, che era un umile pescatore della Galilea, è guidata dalla fede…a questo dobbiamo pensare.”

Parla con calma, con la mitria ben calzata in testa, il cardinale arcivescovo di Genova ed è come se dicesse, invitando alla preghiera, che bisogna capire Benedetto XVI, il suo passo indietro, la sua rinuncia, lo “Evento storico” che si sta vivendo e che non può essere giudicato solo sulla base dei rumori, degli scandali, delle eco che rimbalzano sotto la Cupola di san Pietro.

Qua, nella chiesa di san Lorenzo, oltre alla sua facciata tardo gotica, sotto le sue navate tante volte rielaborate nei secoli, di fianco ai suoi altari seicenteschi, sotto la Cupola dell’ Alessi, l’organo e il coro suonano un’altra musica di addio al Papa e ai canti, alle litanie in latino si aggiunge la confidenza del cardinale che parla al suo popolo, come raggelato nel silenzio di un messaggio che spieghi, che aggiunga qualcosa di più al turbine delle voci, delle paure, delle illazioni.

“Non posso ora passare in rassegna la grande importanza degli otto anni di pontificato dei Benedetto XVI – dice Bagnasco- ma posso spiegare come dietro quel momento di grande dolore e sconcerto per la notizia improvvisa e imprevista, ci sia subito stata una grande onda di affetto verso questo Papa e la sua sofferenza. In tanti in ogni parte del mondo abbiano dimostrato quanto egli sia entrato in punta di piedi nei cuori di ognuno. Sottolineo solo due aspetti della sua grande personalità”.

E qui Bagnasco racconta di come nel suo ruolo di capo dei vescovi italiani il rapporto diretto con il Papa fosse frequente e intenso.
“L’ho incontrato molto spesso, è stato un padre tenero e riservato, dall’ascolto attento e lucido, dalle risposte puntuali. Uscivo sempre sostenuto e confermato da quegli incontri”.

Il cardinale al suo popolo genovese non lo dice esplicitamente, ma è come se parlasse del rapporto tra un padre e un figlio. Non c’è solo questo nel suo racconto: “La questione principale è la fede che nasce dall’incontro di ogni cristiano, che poi lotterà tutta la vita con lo spirito del male”, spiega Bagnasco come per introdurre la sua versione della grandi contese che hanno spinto il Papa stesso a censurare le deturpazioni della Chiesa che insegue il potere, quella parte di Chiesa che cerca di strumentalizzare Dio.

“A quali tentazioni era stato sottoposto Gesù nel deserto? – si chiede Bagnasco – a quelle di un demonio che era subdolo e avvolgente, che gli chiedeva di usare la propria forza di figlio di Dio per ottenere scopi che rappresentavano un falso bene.”
Come dire che la denuncia del Papa dimissionario contro i “deturpatori” era giustificata da manovre, decisioni, strumentalizzazioni usate all’interno della stessa Chiesa per scopi molto diversi da quelli di chi “ha preso la via della Croce”.

Il diavolo nel deserto così simile ai deturpatori che usano Dio a proprio uso e consumo, potere, soldi, sesso da nascondere?
Per “autenticare” ancora di più questa lettura, ecco il secondo aspetto dell’analisi che Bagnasco offre al suo gregge di fedeli, ai suoi preti, raccolti nella domenica del gelo, della neve, l’ultima domenica dell’ Angelus di una Papa che tra quattro giorni volerà via dal suo trono, da quella finestra aperta sulla grande piazza vaticana.

“L’altra riflessione riguarda la chiarezza di questo papa di fronte al mondo – scandisce Bagnasco – la sua coscienza limpida, la sua libertà, la laicità, la modernità che esistevano nel suo pensiero. Il pensiero unico che domina e condiziona il mondo non gli faceva certo paura. Non è mai stato freddo e arcigno. Ha sempre mostrato nelle sue parole, nelle sue azioni, la fedeltà a Dio. Possiamo non essergli grati? Preghiamo per lui e per il Conclave e per colui che dovrà rispondere alla domanda fondamentale che Gesù rivolse al pescatore cui affidava il suo gregge: Pietro vuoi il bene di costoro? L’eletto si sentirà raccomandare: pasci le mie pecorelle”.

Torna il silenzio nella grande chiesa stracolma e non c’è chi non abbia inteso il messaggio del cardinale, che è stato il più silenzioso e il più addolorato dopo la notizia, l’annuncio che da quasi due settimane scuote non solo i cattolici. Quel gesto di rinuncia, improvviso come la saetta che è caduta sulla cupola di san Pietro e che viene evocata e rimediatizzata di continuo, come per sintonizzare le attese e le angosce dei cattolici, si inquadra in una spiegazione che punta a rasserenare, non a inquietare come se fossimo in una di quella profezie malefiche da pre Apocalisse. Benedetto XVI è stato un papa di grande qualità teologica, di grande forza morale, di grande continuità con il Concilio Vaticano II.

Il suo gesto di ammissione della propria debolezza non è una resa, la risposta a un ricatto, la fuga davanti alle tempeste dei “deturpatori”, ma sta nel percorso di fede di chi sa bene come la Chiesa sia duplice, umana e divina, fallace nella sua umanità, eterna nella sua trascendenza.

Bagnasco riconsegna il papa e il suo gesto”improvviso e inatteso” a una natura perfettamente in linea con il percorso del “popolo di Dio in cammino verso la vita eterna”.

La omelia nella cattedrale si spegne nella recita del Credo, nella liturgia di una messa straordinaria per l’orario, la partecipazione, la tensione.

Certo, vedendo entrare Bagnasco benedicente nel lungo corteo di diaconi, sacerdoti, parroci, monsignori, chierici, mani giunte, molti sguardi bassi, molti passi non fermi per l’età avanzata, l’impressione di una Chiesa “sotto attacco” c’era, eccome.

Non era questa la cattedrale dei trionfi ecumenici del cardinale-principe Giuseppe Siri, cui Bagnasco si ispira e che rasentò due volte il papato nel 1959 e nel 1978, non era questa la cattedrale della irruenza anatemica di Tarcisio Bertone? Non era san Lorenzo a Genova la piattaforma da cui sono partiti fior di preti e monsignori destinati in Vaticano a folgoranti carriere, che ora sono passate al microscopio della lente dei presunti scandali. Piacenza, Calcagno, Moraglia? Preti partiti in tonaca, diventati cardinali, principi della Chiesa, fasciati di porpora. Una sequenza impressionante che ai presunti deturpatori fa mormorare di “clan dei genovesi” o come su Repubblica della stessa domenica di questa messa, di “lobby genovese.”

Non sono stati qui benedetti, dopo infinite genuflessioni e turibolazioni, laici che hanno acquisito nel recinto vaticano onori e prebende e incarichi, come “unti” sotto queste navate e pronti a un’altra potenza rispetto a quella delle trombe siriane che tuonava dall’altare la saldezza dei suoi principi teologici, non quella dei ritorni di carriere più terrene. Uno per tutti, Marco Simeon, decollato da queste liturgie e atterrato negli appartamenti papali e nei saloni delle grandi banche e delle grandi aziende, come la Rai.

Il corteo con il cardinale benedicente torna in sacrestia sfilando nella navata laterale mentre l’organo suona e gli sguardi sono un po’ più in alto, il passo quasi più deciso come se un peso fosse stato tolto.