Bergamo, tifoso Juventus picchiato nel 2012. Resta un mistero l’identità dell’aggressore

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Novembre 2014 - 12:45 OLTRE 6 MESI FA
L'articolo dell'Eco di Bergamo

L’articolo dell’Eco di Bergamo

BERGAMO – Resta un mistero l’identità dell’ultrà atalantino che aveva aggredito, a pugni e cinghiate, un tifoso della Juve alle ore 0.07 del 7 maggio 2012 dopo lo scudetto vinto dal club bianconero.

Lunedì 17 novembre in aula, durante il processo a 147 ultrà per fatti che vanno dal 2009 fino a quella sera, è stato lo stesso Mazzola a ricordare che, “passata da poco la mezzanotte, volevo andare a riprendere la mia auto nella zona dell’hotel San Marco”. Attraversa viale Roma, va sull’altro lato di piazza Vittorio Veneto, vuole andare verso piazza Dante. Sul suo cammino c’è l’Atalanta store, presidiato da un gruppo di ultrà. “Un atalantino, alto, rasato, ben messo fisicamente – è stata ieri la deposizione di Mazzola – mi ha sfilato la sciarpa della Juve. Mi ha colpito con un pugno alla tempia, che mi ha stordito, forse tenendo in mano una cintura arrotolata. In quel momento è passato anche Claudio Galimberti, Bocia, che ho riconosciuto perché l’avevo visto in tv. E ha detto copel de bote, a chi mi picchiava”.

Scrive Armando Di Landro del Corriere della Sera:

Poi l’aggressore srotola la cintura e lo colpisce più volte. Lo lascia quasi andare, verso i portici vicini a piazza Dante, ma lo raggiunge e lo picchia di nuovo. Chi era l’uomo rasato, «ben messo fisicamente»? Quattro giorni dopo, in questura, a Mazzola viene sottoposto un album fotografico di 30 persone che gravitano attorno alla Curva. Ne riconosce uno: Jean Luc Baroni, 29 anni, di Villa d’Almè, fedelissimo di Galimberti. «Non l’avevo mai visto – dice la parte offesa in aula -, ma in quella foto era proprio lui».

L’affare, però, si complica, perché tra le 21.30 del 6 maggio, e l’1.30 circa del 7, Baroni e la fidanzata scambiano 153 sms, dall’alto contenuto erotico: più di uno ogni due minuti. E il telefono di Baroni aggancia le celle di Villa d’Almè, dove vive, oppure (in base al traffico telefonico) di Sorisole, Ponte San Pietro, Bonate Sopra, mai una cella di Bergamo città. In più, ci sono le telecamere comunali su piazza Vittorio Veneto, che dopo le prime tensioni tra juventini e atalantini quella sera vengono gestite dalla centrale operativa della questura e puntate sull’incrocio dove Mazzola viene colpito, alle 0.07 e 53 secondi del 7 maggio.

Dai filmati il sovrintendente della Digos William Lazzari riconosce, a vista, più persone («Sono otto anni che mi occupo di stadio», ha detto ieri in aula): Claudio Galimberti, Valfrido Pagano, Luca Rota, Camillo Perretta. Ma non riconosce Jean Luc Baroni in quei fotogrammi in cui l’aggressore di Mazzola si vede distintamente, prima e dopo aver sferrato un pugno. Basterà, al giudice Maria Luisa Mazzola, il riconoscimento fotografico della parte offesa?

Scrive L’Eco di Bergamo:

In aula, la vittima si è riconosciuta nel video indicando l’uomo che si vede davanti a lui come l’autore del pestaggio. Un uomo che non è stato però identificato come Baroni. Inoltre, come emerge dai tabulati telefonici, Barù durante la serata ha scambiato una fitta serie di messaggi con un’amica, e le celle agganciate sono quelle della zona di Villa d’Almè, dove abita.

Anche la difesa di Galimberti ha puntato sui filmati, indicando come il capo ultrà, sebbene gesticoli molto parlando con i tifosi juventini, ha allontanato i suoi «uomini» durante il «dialogo». Tutte le fasi della brutale aggressione che ha lasciato Francesco Mazzola pesto e sanguinante, sono state raccontate dalla stessa vittima in aula, davanti al giudice Maria Luisa Mazzola.