Il boa in fuga terrorizza Stazzano (Alessandria), il padrone spiega: “Trovatelo, per me è un figlio”

Pubblicato il 19 Luglio 2010 - 11:30 OLTRE 6 MESI FA

Ancora nessuna notizia di Niño, il boa constrictor lungo un metro e settanta centimetri scappato dal padrone. «L’ho chiamato così perché è nato in Colombia» dice il padrone, Luigi Bianchi, camionista. Poi spiega come Niño è sfuggito alla sua sorveglianza, proprio come un bambino: «Lo perdi di vista cinque minuti, poi gli lasci un po’ più di indipendenza, passano dieci minuti, e l’altra domenica dopo un quarto d’ora non è tornato a casa… e non l’abbiamo trovato più».

Niño, come ha raccontato Il Secolo XIX, ha scelto la libertà nei campi di Albarasca, minuscola frazione del Comune di Stazzano, Alessandria. Il sindaco di Stazzano, Graziano Montessoro, ha fatto affiggere manifesti con la foto di Niño e i numeri della Forestale e del Comune «da contattare se qualcuno lo vede. Non è un serpente velenoso ed è sempre vissuto in cattività, è abituato all’uomo, non è aggressivo. Certo, preferiremmo trovarlo e farla finita con questa storia. La Forestale ha fatto delle battute e anche un gruppetto di volontari lo sta cercando».

L’incontro con il boa l’ha fatto un muratore che guidava un furgoncino, ha visto quello che gli sembrava un bastone in mezzo alla strada, è sceso e ha dato un calcio a quella «cosa»: «Mi ha soffiato contro — ha poi raccontato spaventatissimo — e si è nascosto in una catasta di legna».

Avvisato, Luigi Bianchi è andato subito a smontare la catasta ma Niño non c’era più. Silvio Piella, assessore di Stazzano, è un naturalista, con un gruppo di amici ha messo su un piccolo museo con gli esemplari di fauna e di flora della vallata: «Il boa non è più lungo del nostro serpente, il Colubro — dice — ma è una specie esotica e fa paura. Potrebbe essere andato nel Comune vicino, dove c’è un ruscello: è un serpente che ha bisogno dell’acqua. Sarà difficile trovarlo».

Luigi Bianchi non si dà pace: «Adesso Niño sta bene in questo clima caldo-umido, avrà mangiato qualche topo. Ma quando la temperatura si abbasserà non può resistere: il freddo lo ucciderà. È buono, è come un cucciolo, veniva a letto con me e mi seguiva anche nella doccia. Gli piaceva stare sulla spalliera del letto. E lo portavo al collo. Spero solo che non gli facciano del male e che possa tornare a casa».