Bologna. Estetista strangolata, amico confessa omicidio: “Raptus”

Pubblicato il 1 Novembre 2009 - 11:30 OLTRE 6 MESI FA

generale_collo_strangolataUn uomo è stato fermato per l’omicidio dell’estetista Marina Gaido a Bologna, in via Angelo Pio alla periferia del capoluogo emiliano. Si tratta di Roberto Cavalli, milanese di 45 anni, incensurato, celibe, di professione broker ’freelance’, residente a Bologna.

L’uomo era semplicemente un amico della donna, non il compagno. Era stato individuato subito dopo il ritrovamento del cadavere come uno degli ultimi ad essere entrato nell’appartamento della vittima. Portato in commissariato, nella notte ha completamente ammesso di aver ucciso Marina Gaido. Avrebbe detto di averlo fatto «in preda a un raptus», non sessuale, ma causato forse da una lite. Un particolare sul quale gli investigatori ancora devono fare piena luce. D’intesa con la Procura della Repubblica di Bologna l’uomo è stato posto in stato fermo: l’accusa nei suoi confronti è omicidio volontario.

Vicino alla vittima da 17 anni, aveva raccolto delle somme di denaro nella sua attività di promotore anche da lei, e gli investigatori nei prossimi giorni cercheranno di ricostruire la storia professionale di Cavalli per capire se il movente vada ricercato in ambito economico.

In questo caso il fatto che la donna sia stata trovata nuda sarebbe una messa in scena dell’omicida per simulare una aggressione a sfondo sessuale. Gli investigatori e il Pm Walter Giovannini, che hanno tenuto una conferenza stampa in questura, nel ricostruire la dinamica del delitto hanno attribuito un ruolo fondamentale per risolvere il caso all’amica che ieri pomeriggio, poco prima delle 14, ha suonato a casa della donna e non trovando risposta e sentendo il cellulare dell’amica suonare a vuoto, ha subito chiamato la polizia rimanendo a presidiare l’ingresso dello stabile.

L’arrivo tempestivo della volante ha fatto il resto. Infatti mentre salivano le scale la donna, in compagnia degli agenti, ha notato una persona che conosceva di vista come amico della vittima che stava scendendo per uscire dal portone, ed ha invitato gli agenti a fermarlo. Era Cavalli che in un primo momento, di fronte alle domande degli investigatori, ha detto di essere stato a casa dell’estetista che si trova al primo piano, di aver dimenticato all’interno il cellulare e di aver tentato inutilmente di riprenderlo e che in quel momento stava riuscendo per andare a prendere l’autobus. Una versione che non ha per nulla convinto gli agenti e il magistrato di turno, Lorenzo Gestri, arrivato sul posto poco dopo.

L’uomo aveva le chiavi dell’appartamento della donna in tasca e quindi avrebbe potuto aprire evitando l’intervento dei vigili del fuoco se non avesse avuto nulla da nascondere. Poi – hanno rilevato ancora gli inquirenti – era difficile ipotizzare che nei pochi minuti intercorsi (in tutto una decina) prima dell’arrivo della polizia un altro uomo si fosse introdotto in casa e avesse convinto la donna a spogliarsi per poi ucciderla. Secondo la ricostruzione della Mobile invece l’uomo ha sentito suonare alla porta poco dopo aver commesso il delitto, ha cercato di non farsi vedere salendo un paio di piani, poi ha cercato di sgusciare via sfilando di fianco agli agenti, ma l’amica di Marina l’ha riconosciuto. Il cellulare di Cavalli è stato effettivamente trovato nell’abitazione della vittima. Molto probabilmente una dimenticanza indotta dal panico perché l’omicida ha sentito suonare alla porta, è uscito rapidamene, ma ha dimenticato il telefonino.