Bugie, il naso si scalda davvero. Bambini mentono e….gli fa bene

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 13 Febbraio 2017 - 08:45 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Bugie, la favola del naso che si allunga quando le dici, l’iperbole di Pinocchio, non era proprio una fantasia. Quando diciamo le bugie il flusso sanguigno in corrispondenza del viso cambia ritmo e il naso, sì proprio lui, si scalda. (Anna Meldolesi articolo Corriere della Sera dove si riporta anche “Come documentato da Maria Serena Panasiti e Salvatore Maria Aglioti dell’Università La Sapienza di Roma in uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Report”).

Dunque è esperienza empirica, fatto materiale: quando diciamo le bugie il naso si scalda davvero.

Anche su altro Pinocchio la contava giusta: i bambini dicono un sacco di bugie. Là dove invece Pinocchio e Geppetto si sbagliavano di grosso è che dire le bugie fosse sempre e solo un danno. Al contrario ai bambini mentire…fa bene. Aiuta e segnala la loro evoluzione, il loro crescere intellettuale e cognitivo.

Non a caso mentire viene ai bambini quasi…naturale non appena smettono di essere lattanti. La Meldolesi nel suo articolo riporta di un esperimento su vasta scala. Ad una platea di bambini si dice che avranno un premio se indovineranno un numero che è sulla faccia coperta di una carta, lì sul tavolo. Poi li si lascia da soli in una stanza. C’è però una telecamera che i bambini non vedono. Il 90% dei bambini va a sbirciare, a rovesciare la carta per poi fare finta di indovinare.

A successiva domanda se abbiano girato la carta coperta e guardato il numero che non dovevano guardare, il 30 per cento dei bambini fino a due anni di età nega, quindi mente. Nega e quindi mente il 50 per cento dei bambini fino a tre anni. Nega e mente l’80 per cento dei bambini dai quattro anni in poi. Vuol dire che diventando grandi diventano bugiardi e quindi peggiori?

No, vuol dire che a circa quattro anni l’essere umano (senza differenze sostanziali di habitat socio-economico) comincia a pensare che gli altri pensano altro. Comincia a identificarsi come soggetto autonomo il cui pensare e agire è appunto autonomo e non condiviso. Quindi se penso e agisco da solo l’altro non sa automaticamente quel che penso e faccio. C’è dunque spazio per la bugia. La cui comparsa e presenza nei racconti dei bambini attesta e segnala la formazione (evolutiva?) di autonoma identità.

Le bugie hanno le gambe corte ma il mentire ha una storia evolutiva assai più lunga. Prova ne sia che è tuttora nella specie un’abilità non atrofizzata, tanto meno neutralizzata. Sapete quanti adulti, genitori, psicologi, assistenti sociali e investigatori compresi, riescono a distinguere, diciamo indovinare, se un bambino sta mentendo o no? Meno della metà delle volte gli adulti e gli esperti ci azzeccano. Praticamente la stessa performance che buttassero in aria una moneta.

Lo apprese a casa sua Charles Darwin quando sorprese il suo primogenito di due anni e otto mesi uscire fuori di nascosto dalla dispensa e negare con le labbra impastate di zucchero di aver mangiato dolci. Non fosse stato per quelle tracce sulla bocca del pargolo, Darwin che era Darwin avrebbe creduto al figlio e giurato che non poteva non esser creduto, era così…sincero.