Calabria. Uccide madre e fratello per un uliveto e poi si costituisce

Pubblicato il 6 Maggio 2010 - 17:00 OLTRE 6 MESI FA

Una storia di rabbia e di disperazione, conclusasi con due morti ammazzati e con la prospettiva che, a breve termine, anche il responsabile di tanta furia omicida concluda la propria esistenza.

Giovanni Curinga, di 61 anni, bracciante agricolo, giovedì pomeriggio, a Cittanova, un centro della Piana di Gioia Tauro, ha ucciso la madre, Maria Gerace, di 84 anni, ed il fratello, Angelo, di 57. Due omicidi avvenuti a mezz’ora di distanza l’uno dall’altro. Per compierli Giovanni Curinga ha usato la stessa arma, un fucile da caccia calibro 12 detenuto legalmente.

Curinga è andato prima a casa della madre ed ha ucciso la donna, con due colpi sparati da distanza ravvicinata. Maria Gerace non ha avuto la minima possibilità di scampo. La sua morte è stata istantanea. Curinga pensava di trovare insieme alla madre il fratello, celibe e bracciante agricolo anche lui. L’uomo non si è perso però d’animo ed ha raggiunto il terreno di famiglia dove il fratello stava lavorando. Sapeva che Angelo era lì perché glielo aveva detto la madre quando le si era presentato in casa. E’ bastato poco. Curinga è arrivato poco dopo nel terreno e senza dare al fratello la minima possibilità di reazione, ha ucciso anche lui, anche in questo caso con colpi di fucile sparati, senza la minisma esitazione, da breve distanza.

Quindi, senza evidenziare la minima emozione, Giovanni Curinga si è recato alla caserma di Cittanova dei carabinieri e si è costituito, consegnando anche il fucile che aveva utilizzato per compiere il duplice omicidio. Rabbia, dunque, ma anche una disperazione infinita nel comportamento di Giovanni Curinga. I

l bracciante, infatti, ormai da anni lotta contro un cancro all’intestino che, tra enormi sofferenze, lo sta conducendo alla morte. Gli interventi ed i cicli di chemioterapia cui si è sottoposto non sono serviti a nulla. Una condizione di prostrazione psicologica accentuata dal risentimento che Giovanni Curinga nutriva, per questioni d’interesse, nei confronti della madre e del fratello. Alcuni mesi fa, infatti, Maria Gerace aveva donato ad Angelo Curinga, al quale era particolarmente affezionata anche perché, essendo celibe, viveva in casa con lei, il terreno di famiglia. Una decisione che aveva provocato la reazione negativa di Giovanni Curinga, accentuando divisioni e contrasti che si erano manifestati già da anni. Una situazione diventata ancora più critica dopo la morte, per cause naturali, prima del marito di Maria Gerace e poi di un altro figlio della donna.

Un’altra figlia, più giovane rispetto ai fratelli, da anni vive per fatti propri perché stanca delle divisioni in famiglia. Al pm della Procura di Palmi Giulia Pantano, titolare dell’inchiesta sul duplice omicidio, nel corso dell’interrogatorio cui è stato sottoposto nella caserma dei carabinieri di Cittanova, Curinga ha ammesso subito le proprie responsabilità, raccontando i presunti torti subiti dalla madre e dal fratello e la sua storia di malato terminale. Una vicenda, quella di Cittanova, su cui ha inciso quella componente di follia in cui, spesso, sfociano la rabbia e la disperazione.

La stessa follia che è alla base di quanto è accaduto la scorsa notte a Catanzaro, dove un giovane di 21 anni, Marco Umberto Caporale, di 21 anni, ha ucciso la madre, Maria Concetta Sacco, di 53, colpendola ripetutamente alla gola con un coltello ed un forchettone da cucina. Caporale soffriva da tempo di depressione ed anche lui, come Giovanni Curinga, ha sfogato sulla madre la sua rabbia per le avversità che la vita gli ha riservato.