La ‘ndrangheta nella sanità calabrese. Ma nessuno dice perchè la Moratti assunse Carmelina, l’assessore cacciata da Locri

Pubblicato il 27 Luglio 2010 - 14:30 OLTRE 6 MESI FA

Da un inchiesta del Giornale sulla malasanità calabrese è emerso un quadro drammatico sul rapporto tra sanità, politica e ‘ndrangheta. Tutto è cominciato con l’omicidio a Locri di Francesco Fortugno, vicepresidente del consiglio regionale, che ha portato al disvelamento degli interessi dietro l’Asl di Locri, ed alla scoperta dello stato di collasso dell’intero sistema sanitario calabrese.

Vedremo di seguito l’accurata ricostruzione di rapporti malavitosi, lo sperpero di denaro pubblico a vantaggio di organizzazioni criminali, appalti pilotati, assunzioni senza merito. Insomma il verminaio che svuota le casse pubbliche e governa con tracotanza una fetta importante del sud d’Italia. Ma, proprio in relazione alle conoscenze acquisite, in special modo a partire dallo scioglimento del comune di Locri, stupisce che nessuno tiri alcune inevitabili conseguenze.

Per esempio: perché il Giornale non chiede al sindaco Moratti il motivo per cui pagava 200 mila euro a Carmela Madaffari in qualità di dirigente dell’assessorato alla famiglia? Non sa che Carmelina era stata rimossa proprio per la sua gestione disinvolta della sanità a Locri? Non conosceva Il Giornale le denunce di Fortugno (che dalla ‘ndrangheta è stato ucciso) specifiche su Carmelina? E non sa che anche la Corte dei Conti ha stigmatizzato una nomina, quella della Moratti, che non ha tenuto conto dei “gravi infortuni professionali che caratterizzavano la designata”?

Lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’azienda sanitaria, seguito all’omicidio di Locri,  ha portato alla formazione dell’Asp 5, un accorpamento delle aziende sanitarie di Reggio Calabria, Locri e Palmi, ed i commissari straordinari incaricati di dirigere l’Asp 5 si sono trovati davanti ad un debito di 500  milioni di euro, ed a valutare strutture amministrative senza regole e spese senza controllo. Dall’inchiesta è inoltre emerso che la spesa pro capite della regione Calabria ammonta a 3.110,2 euro, dato che la colloca al secondo posto nella classica delle uscite per la sanità, e che vale tre volte quella della regione Veneto.

Altro dato sconcertante sono i 3600 dipendenti della Asp 5 di Reggio Calabria, numero oggetto di un’operazione di risanamento iniziata circa due anni fa, e poi fortemente ostacolata dalle pressioni interne e dalle infiltrazioni dell’ndrangheta. Di questi dipendenti colpisce l’alto numero di persone imparentate con la ‘ndrangheta, che emerse dopo l’insediamento della Commissione d’accesso, e che scoprì il coinvolgimento o la parentela con l’associazione malavitosa di 13 medici, 29 infermieri, 18 tecnici e 23 addetti alle pulizie.

Tra questi spicca il nome di Giorgio Ruggia, vicino ai Cordì, che sebbene condannato a tre anni e 8 mesi e all’interdizione dagli uffici pubblici fu prontamente riammesso al servizio tramite delibera del direttore generale, ma sono tanti i casi di detenuti che hanno continuato per anni a ricevere regolarmente lo stipendio, e tante sono le risorse, ben superiori ai tetti di spesa, ottenute da laboratori e strutture accreditate, che risultavano essere proprietà dei boss e dei loro prestanome.

Rilevante è la figura di Domenico Crea, medico-politico vicino ai boss della Locride, arrestato nel corso dell’inchiesta “Onorata Sanità”, e che subentrando in veste di consigliere regionale al posto Fortugno, mise in atto “un vero e proprio sistema fatto di pressioni, relazioni, favori, attuato insieme al figlio Antonio, al fine di ottenere le autorizzazioni necessarie all’accreditamento della sua struttura”, come sostiene il gip che si occupa dell’inchiesta.