Nel mese di maggio il clan camorristico dei Di Lauro ha guadagnato, solo per lo spaccio di droga nelle ”piazze” di Secondigliano, 870.795 euro. Ben 16.000 sono stati ”girati” a uno dei figli del boss, Antonio, appena diciottenne. Questi i conti dopo il sequestro del 19 giugno scorso effettuato dai carabinieri in casa di un incensurato, indagano sulle attività dei Di Lauro.
I quaderni di computisteria con i segreti del clan che tra il 2004 e il 2005 è stato protagonista di una terribile faida con gli scissionisti è stata trovata dagli uomini del maggiore Lorenzo D’Aloia nel Rione dei Fiori, in casa di Angelo Zimbetti, 35 anni. La dritta, gli investigatori l’avevano ricevuta dal pentito Carlo Capasso, l’uomo ha reso possibile l’individuazione dei mandanti (Cosimo e Marco Di Lauro) e di uno dei killer (Mario Buono) di Attilio Romanò, massacrato per errore in un negozio di telefonia nel gennaio del 2005.
Elencate in maniera meticolosa le entrate, in totale 2.685.475 euro, e le uscite, 1.814.680 euro: l’utile è, appunto, 870.795 euro. Queste le spese: settimane defunti (il denaro dato ai familiari delle vittime di agguati); settimane appoggi (quello per pagare i posti dove viene ”parcheggiata” la droga); fornitori. Ci sono poi le sigle da F1 a F8: secondo gli investigatori, sono i figli di Paolo Di Lauro, soprannominato Ciruzzo ‘o milionario, a ciascuno dei quali viene corrisposto uno ”stipendio”.
Il boss ne aveva undici, tutti maschi: uno morì in un incidente stradale; tre (Cosimo, Vincenzo e Ciro) sono detenuti; un altro, Marco, è latitante. Non è ancora chiaro chi riceva ogni mese i soldi ricavati dallo spaccio; di sicuro F8 è stato identificato in Antonio, uno dei più piccoli, che a maggio ha incassato 16.000 euro in contanti. Ora si conoscono anche le altre spese del clan: ci sono quelle per il fabbro, quelle per il falegname (”pannelli”, forse per nascondere la droga), quelle per i gelati. E quelle per corrompere le forze dell’ordine: a maggio, 4.000 euro.