Cassazione: Il cane è di famiglia? Se morde un passante devono pagare tutti

Pubblicato il 8 Marzo 2011 - 21:01 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – I danni provocati dal cane di famiglia li pagano tutti i componenti del clan che si trovano a spasso con il quattrozampe mentre, privo di guinzaglio e museruola, morde uno sfortunato passante. A nulla serve che il legittimo proprietario dell’animale, presente anch’egli al momento dell’aggressione culminata nella dolorosa morsicatura, chieda di essere condannato solo lui. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 8875 che ha confermato la condanna a carico di due coniugi marchigiani per il morso dato dal cane della moglie, esclusiva proprietaria dell’indocile bestiola, mentre la coppia era a spasso con l’animale lasciato libero.

In sostanza i supremi giudici spiegano che, di fatto, tutti i componenti del nucleo familiare nel quale vive un cane hanno con lui una ”relazione di possesso” che li obbliga a ”non lasciarlo libero e a custodirlo con le debite cautele”. Dunque, per evitare di essere chiamati a pagare – anche con la fedina penale – i danni provocati da un cane inquieto non basta dire di non esserne i proprietari. Bisogna solo tenerlo al guinzaglio.

Nel caso in questione, la Suprema Corte ha confermato la responsabilità per il reato di lesioni colpose di Antonio L. e di sua moglie Bambina D.N. il cui cane, portato a spasso dalla coppia, aveva morso alla gamba destra Maria Luisa P., una passante che riportò una ferita con prognosi di dieci giorni di guarigione. Nonostante l’animale appartenesse solo a Bambina, il giudice di pace di Ripatransone, e poi il Tribunale di Fermo, comminarono alla coppia una multa di 300 euro, oltre a 500 euro da versare subito a Maria Luisa come prima tranche del risarcimento danni.

Senza successo, anche in Cassazione, il marito di Bambina ha esibito la documentazione che attestava che la proprietaria del cane era solo la moglie. Nulla da fare. ”L’animale viveva in famiglia e, dunque, entrambi i coniugi avevano un potere di fatto su di lui”, avevano ”correttamente” stabilito i giudici di merito, osserva la Suprema Corte.