“Cangiari” a Milano vuole dire cambiare, dalla ‘ndrangheta ai prodotti (di lusso) sociali della Locride
Piccolo nello spazio, appena cinquanta metri quadri al primo piano di un palazzo al n. 10 di Viale Monte Santo, ma grande nelle intenzioni e nelle aspirazioni: a Milano è stato inaugurato lo spazio Cangiari. Una via di mezzo fra un negozio e un posto in cui fare cultura, sperimentare, cambiare, conoscere. A distinguerlo da tutti gli altri luoghi di Milano due caratteristiche fondamentali: il locale in cui ha sede lo Spazio Cangiari, una volta era della ‘Ndrangheta, cui è stato confiscato, e poi per quello per che al suo interno viene venduto: prodotti selezionati secondo i principi dell’economia sociale che impone rigide “conditiones sine quae non” ai suoi prodotti.
La qualità dei capi in vendita deve essere alta. Certo, ma, quel che più importa, è che tutto quello che viene venduto all’interno di Cangiari (che aderisce al Consorzio Sociale della Locride GOEL) arriva da imprese sociali che operano per lo sviluppo del proprio territorio e per l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate. Si tratta di un’iniziativa rigorosamente Made in Italy e fedele, il più possibile, al recupero delle tradizioni locali, sia nei processi produttivi che nelle pratiche di rispetto dell’ambiente.
Per i responsabili del brand, “Cangiari vuol dire cambiare nei dialetti calabrese e siciliano. Si può cambiare il mondo o se stessi, ma anche portare cambiamento all’interno del sistema moda, per questo ci siamo buttati in questa impresa e per questo abbiamo partecipato alla Settimana della Moda Donna di Milano nel settembre scorso con la nostra collezione Primavera/Estate 2011”. Anche la scelta del logo dove capeggia il simbolo matematico di “non uguale a” riflette questa intenzione ed esprime la voglia e l’impegno di innovare, di essere diversi dagli altri.
La scelta di affidare a Cangiari uno spazio parte del patrimonio della criminalità è stata dunque conseguenza del modo di agire e fare, oltre che degli scopi, dell’impresa. Non è il primo caso in città. Grazie a un accordo, siglato nel 2008 tra Comune di Milano, Governo, Prefettura e Agenzia del Demanio sono circa 80 gli immobili confiscati e destinati a attività sociali e istituzionali come il sostegno ai padri separati, il reinserimento di madri in difficoltà, l’emergenza abitativa e occupazionale, l’aiuto ai nuovi poveri e ai soggetti fragili.