Martini poteva diventare papa al posto del conservatore Ratzinger

Pubblicato il 31 Agosto 2012 - 18:09 OLTRE 6 MESI FA
Papa Benedetto XVI (Foto Lapresse)

ROMA – Sarebbe potuto diventare papa al posto di Joseph Ratzinger. Carlo Maria Martini, che è morto oggi dopo una lunga malattia, al conclave del 2005 per il successore di papa Giovanni Paolo II rappresentava l’ala progressista. Addirittura il Corriere della Sera lo aveva definito “il candidato degli anglicani” al Papato. Ratzinger era espressione del volto più conservatore della Chiesa. Alla fine quel conclave incoronò il tedesco.

Forse Martini era troppo, per il Vaticano? Lui che aveva detto “Non è male che due omosessuali abbiano una certa stabilità di rapporto e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli”, queste le sue parole. “Non condivido le posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili”, e che aveva definito l’uso del preservativo “male minore” per arginare la diffusione dell’Aids in Africa.

Sull’accanimento terapeutico aveva detto che “non può essere trascurata la volontà del malato”.

Il motto episcopale che si era scelto è “De veritate adversa deligere”, un’affermazione che suona molto ratzingeriana: “Per la verità scegliere le avversità”. Così non ha tralasciato di scrivere in questi anni recensioni assai puntute ai due volumi dell’opera teologica “Gesù di Nazaret”, firmati da Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Ma il papa tedesco non se l’è presa affatto. Anzi, più volte ha rinnovato la sua stima per Martini, come pastore e come studioso. Non dimenticando mai quanto era accaduto il 19 aprile 2005, quando il porporato gesuita ha fatto convergere sul suo nome i cardinali progressisti, che nelle prime votazioni avevano indicato l’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Maria Bergoglio (anche lui gesuita). I due cardinali professori, il teologo e il biblista, oltre che coetanei (classe 1927: Martini è nato il 15 febbraio, Ratzinger il 16 aprile) hanno sempre avuto rapporti cordiali.

Benedetto XVI ha potuto salutarlo lo scorso 3 giugno, nell’episcopio di Milano: 7 minuti appena ma di comunicazione profonda. Uno scambio di sguardi, poche parole (a causa della malattia Martini parlava con un piccolo megafono).