Carolina Girasole, il sindaco antimafia “caduta” sull’appalto dei finocchi

di redazione Blitz
Pubblicato il 3 Dicembre 2013 - 12:52 OLTRE 6 MESI FA
Carolina Girasole, il sindaco antimafia "caduta" sull'appalto dei finocchi

Carolina Girasole, il sindaco antimafia “caduta” sull’appalto dei finocchi

CROTONE – Carolina Girasole, l’ex “sindaco antimafia” di Isola Capo Rizzuto, arrestata per ‘ndrangheta, è “caduta” sull’appalto dei finocchi. Tutto ebbe inizio, infatti, con il sequestro di un vastissimo terreno agricolo appartenente al clan Arena e coltivato a finocchi, appunto. Ci sono voluti tre anni di indagini, microspie e intercettazioni ambientali: alla fine proprio dalla viva voce dei protagonisti, sarebbero emerse le prove dei presunti traffici intercorsi tra la Girasole, i membri della sua giunta e gli uomini di Arena.

E’ quanto si legge in una nota della Guardia di Finanza che ricostruisce il presunto scambio di voti che la famiglia Arena avrebbe assicurato alla Girasole, su richiesta esplicita del marito di quest’ultima, anche lui arrestato: appoggio elettorale rivelatosi determinante per la sua elezione a sindaco.

Un accordo dal quale l’ex sindaco, secondo l’accusa, non avrebbe mai preso le distanze. Ed è qui che entrano in gioco i campi di finocchi. Ad insospettire gli inquirenti sarebbe stato l’atteggiamento mantenuto dal sindaco Girasole in merito alla gestione dei terreni già oggetto di sequestro e confisca definitiva alla cosca.

Il Corriere della Sera sintetizza la vicenda:

Nonostante il sequestro del terreno coltivato a finocchi, la “famiglia” di ‘ndrangheta ha continuato a gestire i propri poderi. Sino a quando la magistratura li ha definitivamente confiscati. C’era però da gestire gli ettari di finocchi ormai pronti per la raccolta. Il podere è stato affidato al Comune, così come il raccolto. L’Amministrazione guidata dalla Girasole ha cercato di “piazzare” i finocchi e quindi regalare i terreni a Libera ma don Ciotti non ha voluto saperne, sostenendo che l’associazione non ha mai gestito il raccolto altrui. La giunta comunale a questo punto ha deciso di indire una gara d’appalto per la vendita dei finocchi.

Scrive ancora la Guardia di Finanza che

La procedura di gara, per la quale era stato peraltro fissato un prezzo base d’asta irrisorio e molto distante dalle valutazioni di mercato, risultava chiaramente viziata dalla partecipazione di soli tre imprenditori, tutti vicini alla famiglia Arena, due dei quali presentavano offerte manifestamente di facciata.

Come se non bastasse, sono stati acquisiti pregnanti riscontri che attestano l’effettivo svolgimento da parte degli Arena del servizio di raccolta in luogo dell’impresa aggiudicataria ed il conseguente guadagno di cifre notevoli.

Da qui, appunto, la contestazione del delitto di corruzione elettorale aggravata ai sensi dell’art. 7 della Legge nr. 203/1991 e della turbativa d’asta, contestato al boss Nicola Arena, al figlio Massimo ed ai titolari delle imprese partecipanti alla gara.

Sul Corriere la vicenda si arricchisce poi di dettagli coloriti:

In segno di riconoscenza Nicola Arena, capo della cosca, e suo figlio avrebbero inviato alla Girasole, al suocero e alla mamma quattro cassette di finocchi. Nei dialoghi intercettati dalla Guardia di Finanza, il boss parla apertamente dei favori avuti dalla Girasole e commenta: “A questa possiamo chiedere tutto, l’abbiamo messa noi”.

Ed ecco spiegato il paradosso dell’ex sindaco antimafia arrestato per ‘ndrangheta. Lei che era stata accomunata alle prime cittadine di Monasterace e Rosarno, Maria Carmela Lanzetta ed Elisabetta Tripodi (la prima non è più in carica), insieme alle quali aveva partecipato a numerose manifestazioni antimafia. Lei che aveva subito intimidazioni e minacce, in realtà opera di criminalità comune e non della ‘ndrangheta. Almeno secondo quanto accertato in seguito. Riporta ancora il Corriere:

Addirittura, quando al Municipio i ladri hanno portato via i computer, la cosca Arena si è prodigata a farli ritrovare. Il sindaco si sarebbe rivolto a Francesco Gentile, uomo degli Arena, per riottenere tutti i computer. Un anonimo con una telefonata ai carabinieri, qualche giorno dopo il furto, ha permesso il ritrovamento della refurtiva.