Casa al Colosseo, il giudice: “Scajola non sapeva dei soldi messi da Anemone”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Marzo 2014 - 17:00 OLTRE 6 MESI FA
Claudio Scajola (Foto Lapresse)

Claudio Scajola (Foto Lapresse)

ROMA – Claudio Scajola aveva comprato quella casa vista Colosseo per 600mila euro. O meglio, di questo era convinto e ignorava che l’imprenditore Diego Anemone, in accordo con Renato Balducci, avesse versati alle sorelle Papa proprietarie dell’immobile altri soldi, 1,1 milioni, per completare l’acquisto. Un esborso forse motivato dal fatto che in quel modo i due ritenevano di poter in futuro condizionare l’ex ministro per potergli chiedere favori. E’ questa la ricostruzione fatta dal giudice di Roma Eleonora Santolini sulla vicenda della casa “pagata a sua insaputa” dall’ex ministro. Scajola è stato assolto dall’accusa di finanziamento illecito e per l’imprenditore Anemone è intervenuta la prescrizione.

Scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza che Scajola “era inconsapevole” che Diego Anemone “avesse concordato con le sorelle Papa, proprietarie dell’immobile vicino al Colosseo, le modalità dell’ulteriore pagamento”.

Di conseguenza”non si è trovato nelle condizioni di conoscere il maggior prezzo d’acquisto” dell’appartamento con vista sul Colosseo, in via Fagutale. Nelle 40 pagine di motivazione, il giudice, parlando del caso dell’immobile di 210 metri quadri di proprietà delle sorelle Papa pagato da Scajola 600 mila euro, ma di fatto costato 1,7 milioni di euro, afferma che l’allora ministro dello Sviluppo Economico era convinto di spendere poco più di 600 mila euro. Non a caso – si legge nel provvedimento – al “momento della consegna” della parte eccedente la somma versata da Scajola alle alle sorelle Papa, da parte dell’architetto Angelo Zampolini, uomo di fiducia di Anemone, “Scajola era assente”.

“Deve osservarsi come dall’esame del complessivo testimoniale escusso in aula sia possibile desumere una estraneità di Scajola in questa vicenda sotto il profilo squisitamente soggettivo”. Scrive ancora il giudice osservando che l’ex ministro “appare credibile” quando afferma di non aver avuto alcun motivo di parlare con altri del prezzo dell’appartamento “dal momento che il suo unico referente, in ordine all’acquisto del bene, era Angelo Balducci, persona vicina al Vaticano e conosciuta già dal 2000, che si era fatto carico di aiutarlo per la ricerca della casa a un prezzo di circa 600-700 mila euro e poi, in un secondo momento, lo aveva di nuovo avvisato dell’opzione esistente sull’immobile di via del Fagutale da parte del coimputato Anemone”.

Sui motivi per i quali l’imprenditore Anemone versi un milione e centomila euro alle sorelle Papa per l’acquisto dell’immobile vicino al Colosseo “senza che il beneficiario di siffatta elargizione ne sapesse alcunché”, il giudice Santolini, nelle motivazioni della sentenza di assoluzione di Scajola, afferma: “non è inverosimile ipotizzare che Balducci, una volta avuta richiesta da Scajola di aiutarlo a trovare un’abitazione, possa aver pensato, unitamente ad Anemone, di sfruttare positivamente quella situazione, in vista di eventuali richieste di favori da avanzare all’allora ministro. Sicché, appare verosimile che i predetti personaggi, nella previsione di un netto rifiuto di Scajola a fronte di un’offerta di aiuto economico di quella portata, si siano determinati a versare il maggior prezzo di acquisto senza che Scajola ne fosse a conoscenza, ben consapevoli di porlo, a quel punto, di fronte a un fatto compiuto e, conseguentemente, in una situazione di sudditanza psicologica e di condizionamento, a causa delle evidenti implicazioni negative che si sarebbero abbattute sull’allora ministro nel caso in cui la notizia fosse diventata di dominio pubblico”.