Caserta, in carcere c’è carenza di acqua potabile: la moglie del boss verso la scarcerazione

La donna ha ottenuto uno sconto di pena: dal 2015 sta scontando una condanna a 8 anni e 6 mesi per associazione di tipo camorristico.

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Luglio 2022 - 18:26 OLTRE 6 MESI FA
Caserta carcere acqua

Caserta, in carcere c’è carenza di acqua potabile: la moglie del boss verso la scarcerazione (foto ANSA)

“Per 1602 giorni la detenuta ha patito la carenza dell’acqua potabile“: lo scrive il magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nell’ordinanza con la quale ha disposto un riduzione di pena e, in base al ricalcolo, in assenza di ulteriori provvedimenti, anche la scarcerazione, per la moglie di un boss ritenuto elemento di spicco di un gruppo camorristico napoletano.

Caserta, in carcere manca l’acqua: la moglie del boss verso la scarcerazione

La donna, che ora è in attesa di essere liberata, dal 2015 sta scontando una condanna (8 anni e 6 mesi per associazione di tipo camorristico) nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere dove manca l’allaccio alla rete idrica e l’acqua viene prelevata da due pozzi artesiani per poi essere potabilizzata.

Il giudice ha accolto l’istanza presentata dal legale della donna, per il quale “finalmente in Italia si fanno valere i diritti umani anche per i detenuti. I trattamenti disumani e degradanti non sono ammessi per nessuno, soprattutto nelle democrazie occidentali. Con questa ordinanza – conclude – non possiamo sentirci più l’ultima ruota del carro”.

Nel reclamo il legale della donna ha evidenziato anche che la detenuta ha fruito di pochissime ore d’aria e che le celle erano di dimensioni ridottissime (meno di 3 metri quadrati pro capite). Il giudice ha ridotto di 160 giorni la pena da espiare e concesso un indennizzo di 16 euro. In base al ricalcolo, la donna avrebbe dovuto essere scarcerata circa un mese e mezzo fa.

Il problema dell’acqua nel carcere

La “grave mancanza di acqua potabile nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere”, peraltro già sottolineata in più occasioni da diverse istituzioni, è stata evidenziata lo scorso 21 febbraio nell’istanza con cui è stato anche ricordato che il carcere vive “in una situazione di sovraffollamento”. In sostanza, è la tesi dell’avvocato, accolta dal giudice, tutto questo “comporta un aumento esponenziale del trattamento inumano e degradante, che diventa esagerato, con grave nocumento per la salute, minata dalla carenza di igiene senza acqua”.