Caso Vannini, la storia della morte di Marco Vannini dalla sera dello sparo in casa Ciontoli all’ultima sentenza

di Alberto Francavilla
Pubblicato il 3 Maggio 2021 - 11:39 OLTRE 6 MESI FA
Caso Vannini, la storia della morte di Marco Vannini dalla sera dello sparo all'ultima sentenza

Caso Vannini, la storia della morte di Marco Vannini dalla sera dello sparo all’ultima sentenza (Foto d’archivio Ansa)

Il caso Vannini è una storia di cronaca nera che negli ultimi anni ha (purtroppo) appassionato gli italiani. La morte di un ragazzo di 20 anni fa sempre specie, ma qua ci sono tutti gli elementi che fanno di un caso di cronaca nera uno spettacolo macabro.

Gli elementi ci sono tutti. La morte a casa della fidanzata, il colpo di pistola sparato dalla pistola del suocero, la posizione ambigua della famiglia Ciontoli. Proviamo a fare ordine.

Caso Vannini: la storia comincia a maggio 2015 con la morte di Marco

Marco Vannini, 20 anni, fu raggiunto da un colpo di pistola nella casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli, a Ladispoli. Era la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015.

Le carte del processo raccontano che alle 23 del 17 maggio 2015 Marco è a casa Ciontoli e si sta facendo una doccia. Entra in bagno, dove sarebbe presente anche Martina, Antonio Ciontoli per prendere due pistole che aveva riposto in una scarpiera.

Le telefonate della famiglia Ciontoli al 118

Marco, racconta il principale imputato, si mostra interessato alle armi. E lui, per gioco, pensando che l’arma fosse scarica, fa esplodere un colpo, che ferisce Vannini a un braccio. Quaranta minuti dopo, la prima chiamata al 118. A parlare è Federico Ciontoli, figlio di Antonio e fratello di Martina. Dice all’operatore che un ragazzo ha avuto un mancamento per uno scherzo.

La cornetta passa alla madre che chiude il telefono affermando che richiamerà in caso di bisogno. Poco dopo la mezzanotte – ore 00.06 – al 118 arriva un’altra telefonata. Stavolta è Antonio Ciontoli, che riferisce di un ragazzo che si è infortunato nella vasca da bagno con la punta di un pettine. L’operatrice sente in sottofondo lamenti e urla di Vannini.

La corsa in ospedale e la morte di Marco Vannini

L’ambulanza arriva a mezzanotte e 23 minuti: a mezzanotte e 54, Ciontoli al Pit (Posto di primo intervento) di Ladispoli parla di un colpo partito accidentalmente. Viene chiamato l’elisoccorso per trasportare Vannini al Policlinico Gemelli. Ben due volte sarà costretto ad atterrare per l’aggravarsi delle condizioni del giovane. Poco dopo le 3 del mattino del 18 maggio, Marco Vannini muore.

Caso Vannini, sentenza di primo grado e sentenza di appello

Il 14 aprile del 2018 la corte d’assise di Roma condanna Antonio Ciontoli per omicidio volontario con dolo eventuale a 14 anni di reclusione. E infligge 3 anni ciascuno a sua moglie e ai suoi due figli per omicidio colposo. Verdetto ridimensionato in appello, quando il 29 gennaio dello scorso anno anche Ciontoli viene ritenuto responsabile di omicidio colposo e condannato a 5 anni di carcere. Confermata la pena a 3 anni per i suoi familiari. Monta la rabbia della famiglia di Vannini che ricorre in Cassazione al pari della procura generale per sostenere la tesi dell’omicidio volontario con dolo eventuale.

La Cassazione annulla la sentenza d’Appello

Il 7 febbraio 2020 la Cassazione annulla la sentenza d’appello e ordina un nuovo giudizio. Nel motivare la decisione i magistrati della Suprema Corte scrivono che la morte di Vannini “sopraggiunse” quale “conseguenza” sia delle “lesioni causate dal colpo di pistola” che della “mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto”.

Non solo ma tutti gli imputati tennero “una condotta omissiva nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola, ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi”.

Dopo il ferimento di Vannini, tutti i Ciontoli, a vario titolo, “presero parte alla gestione delle conseguenze dell’incidente: si informarono su quanto accaduto, recuperarono la pistola e provvidero a riporla in un luogo sicuro, rinvennero il bossolo, eliminarono le macchie di sangue con strofinacci e successivamente composero una prima volta il numero telefonico di chiamata dei soccorsi”.

La richiesta di condanna per tutta la famiglia Ciontoli

Nel processo d’appello bis il sostituto procuratore generale Vincenzo Saveriano ha chiesto di condannare a 14 anni di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale tutta la famiglia Ciontoli: Antonio, la moglie Maria Pezzillo e i due figli, Federico e Martina, in linea con le indicazioni della Cassazione.

Nell’annullare la prima sentenza d’appello, infatti, i giudici della Suprema Corte avevano scritto che la morte di Vannini “sopraggiunse” quale “conseguenza” sia delle “lesioni causate dal colpo di pistola” che della “mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto”. Non solo, ma tutti gli imputati tennero “una condotta omissiva nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola, ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi”.

Concetti ripresi dal sostituto pg Saveriano, secondo cui questo processo è stato caratterizzato “da menzogne, bugie e reticenze messe in atto dalla famiglia Ciontoli e finalizzate a trovare una linea comune che potesse inquinare le prove. Obiettivo di tutti, a costo di assistere alla morte per dissanguamento di un ragazzo di 20 anni, era evitare che si corresse il rischio che Antonio Ciontoli perdesse il posto di lavoro”.

“Tutti i Ciontoli – ha spiegato il pg – hanno avuto piena cognizione del fatto lesivo e devono poter rispondere di omicidio volontario con dolo eventuale, in concorso, perchè ritardando i soccorsi a un soggetto colpito da un colpo d’arma da fuoco, avrebbero dovuto prevedere che poteva succedere ciò che poi si è verificato (cioè l’evento morte)”.

La Corte d’Assiste d’Appello condanna Antonio Ciontoli a 14 anni e la famiglia a 9 anni

Oggi la Corte d’Assise d’Appello ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale, e la famiglia a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo. 

I genitori di Marco Vannini contro la famiglia Ciontoli

“I Ciontoli hanno sempre mentito, continuano a mentire e non si vogliono prendere le loro responsabilità”. Lo affermano Marina Conte e Valerio Vannini, i genitori di Marco Vannini parlando fuori dalla Cassazione dove oggi si apre il processo per la morte del 19enne di Cerveteri, ucciso il 17 e il 18 maggio 2015 mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano. “Sono stati in silenzio sei anni e a ridosso della Cassazione si mettono a parlare sui social – aggiungono- Forse sperano di incidere sulla decisione ma crediamo che i giudici ormai abbiano ben chiaro tutto quello che è successo, anche perché parlano le carte”.