Cassa del Mezzogiorno, Marotta ricorda: “Quelle valigie di denaro per corrompere”

Pubblicato il 8 Agosto 2010 - 13:15 OLTRE 6 MESI FA

La gente non aveva l’acqua nella case al Sud, ”invece arrivò questo grande fatto dalla Cassa…”, racconta innanzitutto un ‘guerriero’ della questione meridionale come Gerardo Marotta. La legge che istitui’ la Cassa del Mezzogiorno, il 10 agosto del 1950, secondo il giurista napoletano ”era quasi perfetta, aveva un difetto grave però: le concessioni”.

Se i primi 10 anni della Cassa del Mezzogiorno furono ”gloriosi”, il fondatore dell’Istituto per gli Studi filosofici non ha dimenticato il resto della storia. Ancora sospira: ”Quelle valigette cariche di banconote per corrompere i funzionari di turno, con la compiacenza dei politici corrotti…”. E le dighe inutili, come quella del Menta in Calabria: ”Devastarono clima e paesaggio della Magna Grecia”. Passa per la modernizzazione del Mezzogiorno la storia dell’appalto all’italiana.

Ne paghiamo oggi le conseguenze: ”La lievitazione del debito pubblico, dovuta a un magna magna che raggiunse le dimensioni del disastro”. La cassa è, insomma, un capitolo della vicenda che ”arriva oggi ai pali eolici”. Alla memoria dell’amministrativista tornano anche ”centinaia di contadini” che subirono le espropriazioni: ”Li difesi e vinsi, facendo approvare una legge per tutelare i fittavoli. Scrissero con le luminarie, in un paese, ‘grazie Marotta”’.

Trenta anni di opere, investimenti e lotte. ”La Cassa fu una grande cosa per il Mezzogiorno – è la sentenza prima dei distinguo – ha fatto acquedotti, fognature in centinaia di comuni. Questa magnifica legge del 1950 prevedeva però che gli enti locali potessero evitare la gara: si potevano dare gli appalti attraverso trattative dirette in concessione”. C’e’ una postilla storica: ”Le concessioni erano regolate da una legge del ’29. All’epoca si giustificò la cosa, sostenendo che il ministro ai lavori pubblici era Mussolini: con la sua ‘lungimiranza’ avrebbe scelto le ditte adatte”.

Al concessionario, continua Marotta tornando alla Casmez, ”era possibile trattenere per sé la maggior parte dei soldi”: ”Si precipitarono quindi nel Sud le industrie del Nord, che fecero man bassa per la costruzione delle dighe: ne spuntarono dove erano utili e non dove non lo erano. Venivano a costare anche 100 volte più del dovuto”.

Fu un sistema ”nefasto”: ”Un porco, con la protezione della politica, poteva avvicinare i presidenti delle comunità montane e ottenere le concessioni. Trafficanti venivano da tutto il Paese con le valigie piene di soldi per corrompere i funzionari della Cassa. Una volta andai là con Adriano Buzzati Traverso: uno scienziato che voleva costruire un think tank. Quando vide tutte quelle valigette, mi disse ‘Marotta andiamocene, questo non è ambiente per noi”’.

”Inoltre a poco a poco – continua il racconto – i concessionari capirono che potevano impadronirsi anche della fase della progettazione. Andai da diversi professori universitari, per segnalare il problema: mi risposero di non fare il don Chisciotte”. Colse bene il problema Pasquale Saraceno, che denunciò ”il blocco sociale”: ”Burocrati, politici e imprenditori corrotti, camorra e ‘ndrangheta”. E le industrie portate dalla Cassa, che produssero migliaia di posti di lavoro? ”Mia madre era di Taranto – è la conclusione della testimonianza – hanno dato posti di lavoro, distruggendo però una città bellissima. E oggi la gente deve vedersela con il cancro”.