Cassazione: “Centri sociali occupati regolari se socialmente utili”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Agosto 2018 - 18:08 OLTRE 6 MESI FA
Cassazione: "Centri sociali occupati regolari se socialmente utili" (foto d'archivio Ansa)

Cassazione: “Centri sociali occupati regolari se socialmente utili” (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Gli edifici occupati da centri sociali che svolgono iniziative di utilità sociale con “l’acquiescenza” del proprietario dello stabile, ingenerando il convincimento della “legittimità dell’occupazione”, non possono essere sgomberati. Lo ha stabilito la Cassazione [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] respingendo la richiesta di sequestro del centro sociale “Tempo Rosso”, nel Casertano, i cui attivisti sono impegnati nella lotta all’inquinamento della “terra dei fuochi”.

Quindi secondo la Cassazione, merita conferma l’ordinanza con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere lo scorso cinque marzo aveva respinto la richiesta di sequestro del ‘Tempo Rosso’ avanzata dal pm che aveva aperto un fascicolo nei confronti di dieci attivisti accusandoli di occupazione abusiva, imbrattamento per via dei murales, omissione di lavori in edificio pericolante.

Per il tribunale campano, dato che gli indagati erano dei bambini quando venti anni fa altre persone diedero vita all’occupazione dell’ex macello, “il Comune aveva prestato ventennale acquiescenza alla occupazione, sostanzialmente legittimandola, e impedendo la configurazione del reato” di occupazione abusiva. Quanto ai murales, per il tribunale, si tratta di realizzazioni che non rientrano “nel concetto di imbrattamento” e poi non si sapeva nemmeno chi li aveva dipinti. Nessuna prova inoltre che l’ex macello fosse pericolante, e “in ogni caso – ha affermato il tribunale con il ‘placet’ degli ‘ermellini’ – non sarebbe spettato agli indagati porvi rimedio ma, semmai, al Comune proprietario dell’immobile”.

Alla Suprema Corte – con la sentenza 38483 depositata il dieci agosto – non è rimasto che dichiarare “infondato” il ricorso della Procura di Santa Maria Capua Vetere, affermando che il reclamo “è del tutto generico e non configura alcuna violazione di legge”.