Catania, delitto Falcidia. Fu massacrata nel ’93: rinviato a giudizio il marito dopo 17 anni dal delitto

Pubblicato il 24 Novembre 2010 - 11:10 OLTRE 6 MESI FA

Antonella Falcidia ed Enzo Morici

Era la sera del 4 dicembre 1993 quando a Catania Antonella Falcidia, docente universitaria di 44 anni, fu massacrata con 23 coltellate. A 17 anni dal delitto il caso è stato riaperto e vede come principale imputato il marito della Falcidia, Enzo Morici, 61enne primario di chirurgia dell’università di Taormina, che tre anni fa fu arrestato per l’omicidio, per poi essere scarcerato dal Tribunale del riesame.

L’accusa sostiene che Morici abbia commesso l’efferato delitto durante una violenta lite con la moglie, che aveva scoperto un tradimento, e che nella furia gli abbia inferto le 23 coltellate, di cui l’ultima alla gola e con una ‘precisione chirurgica’. Morici da sempre dichiara la propria innocenza, sostenendo che “per anni sono stato io e non altri a battermi affinché si arrivasse alla verità sul vero autore del delitto. E sono stato sempre io e non altri ad oppormi alle richieste di archiviazione implorando più approfondite indagini”.

Indagini che ora lo vedono come il principale indagato dopo che tre anni fa il pm Francesco Faro ne sollecitò la riapertura ad oltre 13 anni dal delitto, portando a prova della sua tesi una macchia di sangue, rinvenuta sul divano a fiori dove giaceva il cadavere, che analizzata con un potente scanner mostro le lettere “Enz”. Una prova fragile, secondo il Tribunale del riesame, che poi ordinò la scarcerazione di Enzo Morici per mancanza di indizi.

Sebbene anche la Cassazione abbia confermato la sentenza di scarcerazione del Tribunale del riesame, il pm Faro, assieme a Andrea Ursino e all’ex procuratore Renato Papa, sostengono l’accusa, che affronterà la difesa di Morici, un team di avvocati guidati dall’ex parlamentare Enzo Trantino e composto dal figlio Enrico Trantino e dall’avvocato Carmelo Galati. Il processo si svolgerà secondo il rito abbreviato, come richiesto dalla difesa, ed a porte aperte, per “il grande clamore suscitato dal caso,  ma anche per evitare che certe notizie diffuse in passato siano frutto di tendenziosi comunicati stampa”, come hanno spiegato gli avvocati.

Un processo rapido per un delitto di 17 anni fa che colpì esponenti della “Catania bene”, un processo senza prove per delle indagini condotte in modo approssimativo, dove le impronte digitali dell’assassino vennero raccolte e inviate alla scientifica, ma che andarono perse senza che nessuno chiedessero l’esito degli accertamenti e dove  la scena del crimine fu ripulita e dissequestrata il giorno dopo il delitto. Ciò che rimane è il delitto e le parole dell’unico indagato: “C’è solo una cosa che rende ancor più tragico l’omicidio della moglie: essere accusato di averla uccisa”.