Colosseo/ Terza notte di proteste per le guardie giurate. Attesa in Campidoglio per incontro tra Comune, sindacalisti e rappresentanti di 300 lavoratori

Pubblicato il 17 Agosto 2009 - 12:45 OLTRE 6 MESI FA

È passata anche la terza notte
di protesta, quella tra domenica e lunedì, per le sette guardie giurante arrampicate lassù a cinquanta metri di altezza, sul terzo anello di uno dei monumenti più noti e visitati del mondo da venerdì pomeriggio, per protestare contro il cambio di gestione dell’Ente per cui lavorano.

I “sette gladiatori”, come li hanno ribattezzati i loro colleghi e i familiari che bivaccano a loro volta nei giardini di via del Fori Imperiali a Roma, hanno proseguito anche lunedì il loro
sit-in sul Colosseo.

Da quattro giorni i lavoratori dell’Istituto di vigilanza dell’Urbe sono sotto i riflettori
delle telecamere e immortalati negli obiettivi dei fotoreporter per una protesta, modello ‘Innse’, che oggi potrebbe riservare un primo momento di possibile sblocco: il Campidoglio è
intervenuto infatti per cercare di trovare una soluzione che fermi la clamorosa iniziativa attuata contro il cambio di gestione dell’ente dal quale dipendevano.

L’assessore capitolino alle Attività produttive Davide Bordoni ha convocato in Campidoglio sindacalisti e rappresentanti dei 300 lavoratori che hanno rifiutato il contratto con la nuova società che ha rilevato l’Istituto. L’invito è stato accolto perché, ha spiegato Marco Lucarelli delle RdB, «non rinunciamo al dialogo ma non fermiamo la protesta: la Prefettura è disposta ad aprire un tavolo ma solo se loro scendono dal
Colosseo, e a queste condizioni non se ne fa nulla».

La vicenda dell’Istituto di Vigilanza Urbe è anche oggetto di una inchiesta giudiziaria. Nel mirino del pm Paolo D’Ovidio è l’Associazione nazionale combattenti di cui l’Istituto di Vigilanza Urbe, a cui appartengono le guardie giurate che hanno attuato da ieri la protesta al Colosseo, è una “costola”.

Il pm Paolo D’Ovidio ha aperto un fascicolo per appropriazione indebita per far luce sulla vendita del patrimonio immobiliare dell’Ente che percepisce, tra l’altro, finanziamenti anche dal Ministero della Difesa e dalla presidenza del Consiglio. E ha iscritto sul registro degli indagati, dopo le denunce di alcuni sindacalisti fatte proprio sulla vendita dell’Istituto, l’ex presidente Gustavo De Meo.