Como, inchiesta sulle paratie del lago: 4 arresti
Pubblicato il 2 Giugno 2016 - 08:30 OLTRE 6 MESI FA
COMO – E’ nata molto male, e sta proseguendo se possibile ancor peggio, la surreale vicenda delle paratie che dovevano servire a proteggere il lungolago di Como. Dopo le roventi polemiche su un progetto nato durante le precedenti amministrazioni di centrodestra e l’interruzione dei lavori, ora sono arrivati gli arresti di due funzionari comunali, di un professionista e di un imprenditore. Indagata anche il segretario generale di Roma, Antonella Petrocelli, che il commissario straordinario della Capitale Francesco Paolo Tronca ha incaricato di verificare la legalità degli atti di governo. Il suo coinvolgimento deriva dal periodo in cui su segretario generale a Como, dal 2012 al 2015. I funzionari arrestati sono stati sospesi.
Le accuse: turbata libertà nella scelta del contraente, falso ideologico e altri reati per quanto riguarda le paratie, mentre Pietro Gilardoni, dirigente di settore del Comune, e l‘imprenditore Roberto Ferrario sono accusati di corruzione per altri lavori: un incarico da 14.000 euro il cui primo acconto di 4.000 euro era stato pagato con bonifico a Gilardoni per ottenere il suo interessamento per “sbloccare” i lavori per l’allargamento della strada comunale Salita Peltrera. A Gilardoni sono inoltre contestati altri episodi di turbativa d’asta in concorso con l’imprenditore Giovanni Foti riguardanti la riqualificazione di alcune vie e piazze.
Il calvario delle paratie è stato ricostruito grazie alle indagini dei militari della Guardia di Finanza, del pm Pasquale Addesso e del procuratore Nicola Piacente e anche all’Anac, l’autorità anticorruzione di Raffaele Cantone, alla quale si era rivolto lo stesso Comune di Como, retto ora da Mario Lucini, a capo di una giunta di centrosinistra per cercare di sbrogliare l’annosa matassa.
Ed è emerso che Antonio Ferro, già responsabile unico del progetto, e Gilardoni, con l’aiuto di un ex segretario generale e un legale del Comune, avrebbero in sostanza ‘truccato’ la terza variante dell’appalto, predisposta nell’ottobre 2015 e inviata all’Anac che l’aveva giudicata inammissibile. Avrebbero ‘spacchettato’ l’appalto per affidare i lavori in maniera diretta e ciò è consentito solo al limite di 100.000 euro. La terza variante sarebbe stata adattata a favore dell’aggiudicataria dell’appalto, la società Sacaim di Venezia.
C’è poi il falso ideologico per aver prodotto false attestazioni all’Anac. Compresa quell’insistenza sulla “sorpresa idrogeologica” che non c’era, dopo aver ricevuto l’incarico dal Comune di adeguarsi alle direttive dell’Autorità. E per il giudice, “è possibile leggere nel tenore delle conversazioni intercettate o nel contenuto degli scambi di mail un deciso squilibrio di relazioni a tutto sfavore della stazione appaltante (il Comune ndr,), perché non è raro intravvedere nel comportamento mantenuto dai pubblici funzionari Ferro e Gilardoni un atteggiamento di quasi sudditanza nei confronti dei ‘dictat’ e dei ‘desiderata’ dell’impresa appaltatrice, che poco rassicura sotto il profilo della imparzialità ed autonomia del loro operato”.
Per il giudice, “non emergono motivi a sostegno dell’ipotesi che tale atteggiamento abbia a che fare con accordi corruttivi, ma si evince dagli atti un forte quadro indiziario a sostegno dell’ipotesi che l’operato dei pubblici funzionari sia stato indebitamente condizionato” dalla