Ferrara, condannati i 4 giovani che denunciarono le botte in una caserma dei carabinieri

Pubblicato il 21 Giugno 2010 - 17:03 OLTRE 6 MESI FA

Condannati per resistenza a pubblico ufficiale a pene di 12 e 10 mesi, con una provvisionale di 3.000 euro a testa alle sette parti civili, i carabinieri in servizio a Ferrara. Per il giudice Silvia Marini furono i quattro ragazzi originari di Rovigo a reagire ai militari, a causar loro lesioni, nella vicenda avvenuta il 24 febbraio delle ‘botte in caserma’, il fatto diventato un caso nazionale grazie a un video sulle violenze.

Il giudice ha emesso il verdetto (il pm Barbara Cavallo aveva chiesto pene inferiori, 10 e otto mesi in abbreviato) a conclusione del processo che vedeva imputati i quattro ventenni, due ecuadoriani, un albanese, un nigeriano, tutti della provincia di Rovigo che dopo l’arresto in centro città, furono protagonisti di un parapiglia all’interno della caserma, in cui rimasero feriti i carabinieri parte civile al processo.

I ragazzi, dopo l’arresto e i colloqui con l’avvocato d’ufficio, dissero di essere stati picchiati e da questo è partita l’inchiesta d’ufficio dello stesso pm Cavallo. Conclusa la vicenda per l’accusa di resistenza fuori e dentro la caserma, resta aperto il troncone che vede indagato un carabiniere, ripreso in un filmato che ha fatto il giro di Internet e dei Tg, per l’uso improprio di un Tonfa, manganello di servizio.

L’avvocato Alberto Bova che assiste i sette carabinieri come parte civile e come difensore nella tranche parallela ha voluto precisare: “La sentenza è giusta, secondo ciò che ci aspettavamo e cioè che venisse ridata dignità a questi militari che per 1.200 euro al mese rischiano la vita tutti i giorni. La sentenza a mio parere, in automatico condizionerà anche il procedimento parallelo, in quanto i ragazzi erano accusati di resistenza fuori e dentro la caserma: se il giudice avesse valutato la legittima difesa sarebbe venuto meno il reato e non li avrebbe condannati. A seguito di questa condanna, credo che l’archiviazione sia scontata, anche alla luce delle conclusioni della requisitoria. Ora sono curioso di sapere se televisioni e giornali nazionali che hanno dato enfasi alla notizia, con un linciaggio mediatico con forzature senza precedenti, daranno pubblica notizia e se lo stesso ex senatore Luigi Manconi (che diffuse il video, ndr) darà lo stesso risalto sul sito che pubblicò lo pseudo-video d’accusa, alla condanna di questi giovani”.

Barbara Simoni, legale dei quattro ragazzi, attende di leggere le motivazioni per il ricorso, e attende anche l’esito dell’altra inchiesta. Soprattutto, dice di continuare ad avere dubbi sull’operato dei carabinieri: “Noi abbiamo discusso il processo puntando sul riconoscimento della causa di non punibilità per l’arbitrarietà delle azioni dei militari, perché a mio avviso restano molte le incongruenze. Evidentemente il giudice ha ritenuto i ragazzi non credibili. Vorrei chiarire che a parte l’episodio su cui si indaga ancora (per un solo carabiniere), gli stessi ragazzi hanno sempre riferito che le botte ricevute non sono state quelle filmate, ma quelle subite in punti diversi, nascosti alle telecamere, vicino alle celle di sicurezza e ad esempio ai bagni”.

Circostanza confermata dallo stesso pm che ha raccolto testimonianze e prove “prima che scoppiasse la polemica”, ha tenuto a precisare, sottolineando che la procura si è mossa subito senza indugi per verificare la vicenda. Lo stesso pm ha spiegato che dalle indagini svolte e sulla base di dati oggettivi, quali anche le consulenze medico legali che hanno escluso lesioni compatibili con eventuali colpi di Tonfa o altro, i ragazzi non sono stati ritenuti credibili. L’altro fascicolo, ha aggiunto, lo chiuderà entro poche settimane, assieme ad un terza tranche di inchiesta (per oltraggio e danneggiamenti) a carico degli stessi quattro ragazzi.