Regionali: in ballo anche la Conferenza delle Regioni. Chi vince, chi perde

Pubblicato il 23 Marzo 2010 - 10:28 OLTRE 6 MESI FA

Il premier Silvio Berlusconi

Le elezioni del 28 e 29 marzo mostreranno la vittoria della destra o della sinistra nelle varie regioni ma non decreteranno un responso politico vero e proprio. Tuttavia c’è un’istituzione in cui quelle cifre produrranno conseguenze certe: la Conferenza delle Regioni.

È un’istituzione tutt’altro che secondaria per gli equilibri della politica e per la stessa azione di governo e non è un caso che Silvio Berlusconi abbia già detto con chiarezza che vuole conquistare quella maggioranza che ora è nelle mani del centrosinistra, tanto da esprimere Vasco Errani (governatore dell’Emilia) come presidente della Conferenza. Il ribaltone è possibile? Sì, con sei vittorie regionali su tredici.

Nella Conferenza delle Regioni, che la riforma del Titolo V ha ingigantito per poteri e funzioni, in genere non si vota. La regola è l’unanimità delle Regioni, che prima discutono al loro interno e poi si presentano compatte nella Conferenza Stato-Regioni dove il governo è controparte. Tuttavia, se si dovesse votare, ogni Regione disporrebbe di un voto. Ventidue voti in tutto uno a regione più uno per la Provincia autonoma di Trento e per quella di Bolzano.

Per conquistare la maggioranza della Conferenza Berlusconi deve fare sei, deve conquistare sei regioni su tredici. Per Vasco Errani, però, la competizione aperta da Berlusconi sulla maggioranza della Conferenza «è il contrario esatto del federalismo», dove le Regioni sono naturalmente alleate. Ma il premier ha ingaggiato così tante battaglie – dal piano-casa all’energia , dai fondi Fas alla Sanità – con la Conferenza che spera ora in un nuovo equilibrio.