Coronavirus, Nicola Porro: “Peggio dell’influenza. Dopo l’una non riesco a fare più nulla”

di redazione Blitz
Pubblicato il 13 Marzo 2020 - 08:34 OLTRE 6 MESI FA
Coronavirus, Nicola Porro: "Peggio dell'influenza. Dopo l'una non riesco a fare più nulla"

Coronavirus, Nicola Porro: “Peggio dell’influenza. Dopo l’una non riesco a fare più nulla”

ROMA – Al suo quarto giorno di quarantena da coronavirus, il giornalista Nicola Porro ha rilasciato una intervista al suo giornale, Il Giornale, in cui ha raccontato come vive il proprio isolamento e la malattia: “Le influenze passano ma questa è diversa, appena dici coronavirus scatta una censura sociale per cui non puoi fare nulla. Diventi radioattivo per tutte le persone che ti stanno attorno. Chi ho incontrato deve mettersi in quarantena, significa che gli ho creato un pasticcio pazzesco”, sottolinea. 

La sua situazione al mattino non sarebbe particolarmente drammatica, ma peggiora la sera: “La mattina sto bene, la sera come se mi fosse passato sopra un tram: male. Non riesco a leggere, né a vedere la tv, ho 38-39 di febbre, tossisco. Non mi sentivo bene, domenica sera sono andato all’ospedale Spallanzani qui a Roma e ho fatto il tampone. Il mattino dopo mi ha chiamato il dottor Antinori per dirmi che ero positivo. Il primo pensiero? Che era una grande rottura di scatole”.

Lui è da solo a Roma, mentre la moglie e i figli sono in Svizzera. Ad aiutarlo, alcuni amici che gli portano quel che gli serve e lo lasciano davanti alla porta. Ma anche con i familiari il contatto è continuo: “Li sento per telefono, va tutto bene. Vedi: ci lamentiamo del fatto che qui sono tutti generali ma poi mancano i colonnelli, ci lamentiamo dei decreti che non sono chiari… Poi però ci sono cose che funzionano benissimo: la telefonia, Internet. Io sono isolato, ma la Rete mi salva. Degli amici mi portano le cose che mi servono e me le lasciano fuori dal portone”.

A Porro arrivano anche i messaggi di solidarietà di moltissime persone. Graditi, ma non tutti: “Mi ha impressionato la quantità di messaggi via mail e WhatsApp. Così tanti da preoccuparmi, perché penso: ‘Non sto bene, è vero. Ma non sto morendo’. E poi ho capito: il 90% delle persone che mi chiama lo fa per chiedermi i sintomi e il decorso della malattia. Cosa che nessuno fa mai, nemmeno per una polmonite. Intendiamoci: curiosità legittima”. E poi ci sono “quelli che un po’ scherzando e un po’ no, la prima cosa che mi dicono è: Mi avresti potuto contagiare. Cosa vogliono? Farmi sentire sensi di colpa? Il fatto è che questo virus è diventato un fenomeno mediatico. Questa epidemia ormai fa leva sull’inconscio collettivo e ha scatenato una grande paura di cui tutti ci stiamo alimentando e che a nostra volta alimentiamo. Siamo terrorizzati. Ma alla fine è una influenza. Brutta, peggiore delle altre. Ma una influenza. Dalla quale si guarisce”.

Quindi anche Porro, un po’ come ha fatto poche settimane fa la dottoressa Maria Rita Gismondo dell’ospedale Sacco di Milano, dice: “Stiamo dando troppo peso al virus. E lo dico da malato. È comprensibile e giusta la visione dei medici che devono salvare delle vite. Ma non la visione della politica. Tra chi è positivo l’80% sta bene, il 10% sta come me, e il resto è da intubare. Ora stiamo facendo un errore paralizzando l’Italia, dal punto di vista economico, sociale e politico. L’ultimo di una serie di errori del governo. Siamo dei folli. Il problema sono gli ospedali, non il contagio. Prima dovevano rafforzare il sistema ospedaliero e poi limitare il contagio. Invece stiamo facendo il contrario”. (Fonte: Il Giornale)