Coronavirus operai: se tutti a casa, supermercati a singhiozzo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Marzo 2020 - 09:23 OLTRE 6 MESI FA
Coronavirus operai e scioperi: se tutti a casa, supermercati a singhiozzo

Coronavirus operai: se tutti a casa, supermercati a singhiozzo (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Coronavirus operai tutti a casa è la richiesta dei sindacati e la protesta montante in molte fabbriche, in alcune si è arrivati a piccoli scioperi di fatto e alla minaccia di qualcosa di più a breve. I negozi sono stati chiusi e così i bar e ristoranti e molto altro, ma le fabbriche, le catene produttive sono rimaste aperte. E gli operai, molti, hanno legittimo timore di contrarre il coronavirus. Cova anche una brace di minoranza su cui però qualche settore sindacale e politico soffia per tenerla viva e farla crescere, quella che racconta degli operai trattati come cittadini di serie B e mandati al macello a lavorare mentre tutti gli altri stanno a casa.

La brace, questa brace, è pari paro assimilabile a quella dei piromani che trovano utile e bello incendiare. Ma, irresponsabili a parte, il problema c’è. Va però scomposto in varie e diverse parti, con varie e diverse soluzioni (o tentativi di soluzione).

Coronavirus operai, parte prima: sicurezza sui luoghi di lavoro. Fermo restando che rischio zero non esiste mai, figurarsi col coronavirus, sindacati chiedono in prima battuta di sanitarizzare le fabbriche in via eccezionale e quindi di chiudere praticamente tutto per qualche giorno. In più sindacati ed operai in prima persona chiedono la distribuzione sui luoghi di lavoro di materiale sanitario (in pratica guanti e mascherine).

Tutto questo è entro certi limiti gestibile e in buona parte praticabile. Oggi il governo sente in video conferenza sindacati e Confindustria, quanto di praticabile e razionale delle richieste verrà accolto (anche se è impensabile ad esempio una distribuzione quotidiana di milioni di mascherine professionali, vanno cambiate con frequenza dopo l’uso, questo sempre si dimentica di dirlo).

Coronavirus operai, parte seconda: chiudere le fabbriche come i negozi e ristoranti? Chiudere fabbriche, cioè catene produttive, ha un costo economico incalcolabile oggi. Alcuni dicono: prima la salute, poi i soldi, sempre e comunque, senza se e senza ma. Ma quali fabbriche e catene produttive chiudere, tutte? Se chiude la catena produttiva, ad esempio, della meccanica a medio termine ne hai chiuse molte altre che in partenza non sembrano legate ai bisogni immediati di vita, anche se così non è.

Ma, soprattutto, se chiudi fabbrica metalmeccanica e se quindi i lavoratori metalmeccanici conquistano lo stare a casa, chi dirà agli operai, lavoratori della filiera e catena alimentare che loro no, loro non hanno diritto di stare altrettanto a casa? E se chiudi o rallenti la produzione delle catene produttive alimentari (produzione, trattamento, trasporto e molto altro) chi li rifornisce i supermercati?

Oggi c’è la certezza del supermercato aperto e fornito. Al modico prezzo di una fila più o meno lunga c’è la certezza del cibo, dei generi alimentari a disposizione. Per tutti noi. Ma, se lavoratori del settore alimentare anche loro a casa, allora sarà quanto meno supermercato a singhiozzo. Aperto non a tutte le ore e non sempre, non sempre rifornito di tutto, magari il latte oggi sì, domani no, dopodomani sì…

La produzione, la catena produttiva della catena alimentare per nessuna ragione e in nessuna misura può essere indebolita o rallentata dallo stare a casa. Altrimenti, e non è per nulla catastrofismo ma solo realismo, vien letteralmente giù tutto.