Costa Concordia, Carnival: “Passeggeri negligenti e disattenti, nessun rimborso”

Pubblicato il 12 Gennaio 2013 - 09:37 OLTRE 6 MESI FA
Costa Concordia (LaPresse)

ISOLA DEL GIGLIO (GROSSETO)  – ”Comportamenti negligenti o disattenti” dei passeggeri ”furono concausa, se non l’unica causa, per le presunte lesioni e i danni” verificatisi quando la Costa Concordia affondava la notte del 13 gennaio 2012 all’Isola del Giglio: così secondo quanto riferisce lo studio legale americano John Artur Eaves che assiste i passeggeri e le vittime del naufragio, la Carnival Corporation & PLC (la società di Miami che controlla Costa Crociere spa) si sarebbe difesa incolpando i viaggiatori nel procedimento legale promossogli contro per risarcire le vittime.

La Carnival, citata in giudizio in California da alcuni passeggeri, membri dell’equipaggio e familiari delle vittime, ha depositato alla corte alcuni documenti dove accusa i passeggeri. Inoltre, sempre secondo lo studio legale Eaves, ”Carnival nega di avere il dovere nei confronti delle persone ricorrenti di proteggerle da danni durante la permanenza a bordo della nave e durante l’uso previsto; perciò la causa deve essere respinta visto che i ricorrenti hanno già ottenuto pieno compenso per le lesioni e i danni presunti”. Il processo in California è  stato fissato dal giudice George H. Wu il 23 luglio 2013. ”Andremo a fondo per fare in modo che una simile tragedia non si ripeta mai più”, ha detto John Arthur Eaves Jr. dello studio legale americano John Arthur Eaves che tutela i ricorrenti.

Nell’istruttoria Eaves chiederà le testimonianze di Micky Arison, amministratore delegato di Carnival e membro del comitato realizzato dalla società per far osservare le regole in tema di sicurezza e protezione della salute e ambientale (Health Environmental Safety and Security, HESS). ”Chiederemo alla corte – ha detto ancora John Arthur Eaves – di interrogare tutti i membri del comitato HESS, tutti responsabili per la definizione dei programmi per la formazione dell’equipaggio e tutte le persone responsabili ad osservare che l’equipaggio sia ben preparato per intervenire in caso di emergenza o di una eventuale evacuazione della nave. Chiederemo inoltre di sentire tutte le persone responsabili per quanto accaduto al Giglio, per aver permesso al capitano di deviare la rotta per eseguire la ‘navigazione turistica’, cioè il tragico ‘inchino”‘.

Costa Concordia intanto, una volta apprese le dichiarazioni della avvocato Eaves che suonano come una beffa per i passeggeri vittime del naufragio, si è detta sorpresa e sconcertata: “Siamo sorpresi e sconcertati dalle dichiarazioni dell’avvocato Eaves, rilasciate a pochi giorni dalla commemorazione dell’anniversario del tragico incidente di Concordia. comportamenti negligenti o disattenti” dei passeggeri che “furono concausa, se non l’unica causa, per le presunte lesioni e i danni” avvenuti quando la Concordia affondava.

“Le espressioni a cui si fa riferimento, che sono riprese da un documento depositato che utilizza formule standard, in risposta a un’azione legale intrapresa da due passeggeri, sono state utilizzate completamente al di fuori del loro contesto – prosegue la nota -. Gli avvocati difensori non hanno accusato i due passeggeri di negligenza. E’ veramente vergognoso che qualcuno possa travisare di proposito quanto presente nel documento depositato, in particolare in questo momento in cui si avvicina il primo anniversario della tragedia”.

LE PORTE STAGNE, IL CAMBIO DI ROTTA: I MISTERI IRRISOLTI DELLA CONCORDIA – Ma non si tratta dell’unica notizia che ha a che fare con il tragico incidente della Costa Concordia a 24 ore dal suo anniversario. Un articolo pubblicato dal Corriere della Sera a firma  Fiorenza Sarzanini, ricostruisce alcuni misteri non ancora risolti avvenuti la sera del tragico inchino. Si tratta di alcuni “avvisi” mancanti che la Costa Concordia avrebbe dovuto inviare alla compagnia per comunicare il cambio di rotta e il funzionamento delle porte stagne della nave. Inoltre, secondo la ricostruzione del Corriere, alcuni membri dell’equipaggio non conoscevano le mansioni che erano state assegnate loro. Scrive la Sarzanini:

 “La rotta diversa

Le norme della navigazione impongono che la rotta sia decisa prima di salpare e in caso di modifica bisogna inviare una comunicazione specifica via mail alla Compagnia. È stato accertato che il percorso originario fu cambiato per effettuare l’ormai famoso ‘inchino’. Ma nulla si sa sugli ‘avvisi’ da parte del comandante Francesco Schettino. Lui sostiene di aver allertato la Compagnia e addirittura di essere stato sempre sollecitato ad effettuare questo tipo di manovra per esigenze di pubblicità. Una linea che Costa ha negato e ancora adesso l’avvocato Alessandro Carella dichiara: ‘Non risulta che Schettino disse nulla né a noi, né alla Capitaneria’. Si sa che numerose volte, anche in altre crociere, i comandanti effettuavano gli ‘inchini’ tanto che dopo la tragedia il governo emanò un decreto che li vietata esplicitamente. In ogni caso per scoprire se quella sera ci fu una comunicazione specifica sarebbe bastato esaminare il server di bordo. E invece non risulta che sia stato recuperato e soprattutto non è mai stato disposto il sequestro delle mail tra bordo e terra”.

 “Le porte stagne”

“Secondo il codice della navigazione ‘tutte le porte stagne devono essere ispezionate da un ufficiale di macchina e successivamente chiuse da personale designato, prima della partenza della nave’. Secondo i periti del giudice di Grosseto ‘le porte erano perfettamente funzionanti’, ma il problema riguarda la loro apertura. «Non è stata evidenziata alcuna criticità», assicura Costa. In realtà le testimonianze degli ufficiali che erano a bordo sono confuse e contradittorie. E un nuovo, clamoroso elemento viene adesso fornito dalla perizia di parte. Scrive Neri: ‘Appare certo che la porta A24 si sia aperta, o sia stata aperta e mai più richiusa alle ore 22.23 circa e che questo evento, avendo causato l’allagamento di un sesto compartimento stagno oltre ai cinque già allagati, ha avuto effetti significativi sulla dinamica dello sbandamento e dell’affondamento della nave, accelerandoli”.

“L’equipaggio”

“Sono stati i periti del giudice a denunciare come ‘alcuni membri dell’equipaggio destinati a incarichi chiave non conoscevano i propri compiti in caso di emergenza e ai mezzi collettivi di salvataggio era stato assegnato personale privo del certificato di idoneità’. Ma c’è un’affermazione ancora più grave: ‘Non tutto l’equipaggio era in grado di capire le istruzioni in caso di emergenza nella lingua di lavoro, l’italiano’. Un problema che riguarda in modo specifico il timoniere indonesiano, che avrebbe mal compreso gli ordini che arrivavano da Schettino. E allora il mistero riguarda la selezione del personale effettuato dalla Compagnia che però risponde: «Chi non comprendeva bene l’italiano utilizzava l’inglese, dunque non c’era alcun problema”.

 “L’unità di crisi”

“Siamo intervenuti tempestivamente, non appena abbiamo compreso quale fosse la reale situazione”, ha sempre affermato Costa negando ritardi e omissioni. Il capo dell’unità di crisi Roberto Ferrarini è sotto inchiesta per cooperazione in omicidio colposo plurimo. E nessuno è stato ancora in grado di spiegare perché – anche quando era ormai chiaro quale fosse la situazione a bordo – la Compagnia non sollecitò il Comandante a dichiarare lo stato di emergenza”.