Concordia, il procuratore: “Scialuppe guaste. Si indaghi sulla Costa”

Pubblicato il 24 Gennaio 2012 - 08:39 OLTRE 6 MESI FA

Foto LaPresse

GROSSETO – L’inchiesta sul naufragio della Concordia continua e adesso punta dritto ai vertici della Costa. L’input arriva dal procuratore generale della Toscana che dopo aver parlato esplicitamente di “problemi e incredibili leggerezze compiute a livello di sicurezza e di organizzazione”, l’alto magistrato afferma: “Il datore di lavoro è garante e responsabile, occorre spingere lo sguardo sulle scelte fatte dall’armatore”.

Potrebbe essere convocato al palazzo di giustizia Roberto Ferrarini, che la sera della tragedia parlò almeno tre volte con Francesco Schettino e gli assicurò che avrebbe mandato gli elicotteri, così come gli veniva richiesto. Sarà lui a dover chiarire come mai fu ritardata l’evacuazione della nave, pur dopo aver accertato che era ormai ingovernabile.

Dichiara ancora il procuratore generale: “La magistratura cerca i nessi causali degli eventi. Per ora l’attenzione generale si è concentrata sulle colpe del comandante, che si è rivelato tragicamente inadeguato. Ma chi lo sceglie il comandante? Occorre spingere lo sguardo sulle scelte fatte a monte dal datore di lavoro e cioè dall’armatore. E poi c’è anche il tema fondamentale della organizzazione della sicurezza: scialuppe che non scendono, personale che non sa cosa fare, scarsa preparazione a gestire l’emergenza, ordini maldestri come quello assurdo di tornare nelle cabine. La confusione che c’è stata rivela un’incredibile trascuratezza nell’applicazione delle norme di sicurezza. Invece questo settore va organizzato prima con esercitazioni e simulazioni, e l’emergenza gestita dopo”.

Già nei giorni scorsi il magistrato aveva evidenziato come le operazioni di salvataggio avessero rivelato che “il personale adibito al lavoro era raccogliticcio e privo di qualsiasi conoscenza specialistica e che i passeggeri abbandonati a se stessi hanno ricevuto messaggi contrastanti dal comandante e dagli altri ufficiali”.

Anche la difesa di Schettino decide di “sganciarsi” dalla Compagnia. La memoria depositata al giudice in vista dell’incidente probatorio sulla “scatola nera” dall’avvocato Bruno Leporatti si trasforma in una chiamata di correità nei confronti di Ferrarini, ma anche in una richiesta di verifica del funzionamento degli strumenti di bordo visto che proprio il comandante ha parlato di alcune apparecchiature rimaste “spente”, nonostante il tentativo di azionarle manualmente.

Il legale sottolinea come “le dichiarazioni rese da Schettino sui suoi colloqui di quella sera con il responsabile dell’Unità di crisi hanno aperto ulteriori filoni di indagine che potrebbero ragionevolmente orientarsi nel senso di provocare allargamenti soggettivi dell’inchiesta”. Il senso è chiaro: Schettino fornirà ulteriori dettagli per dimostrare che le sue decisioni furono condivise con i manager della Costa e questo porterà inevitabilmente al loro coinvolgimento nell’indagine.