Si riaprono le indagini sull’omicidio di Cristina Mazzotti, la 18enne figlia di un industriale comasco rapita e uccisa 47 anni fa, la prima donna a essere rapita dall’Anonima sequestri al Nord Italia. La procura di Milano ha avviato una terza e nuova inchiesta, con quatto indagati della vecchia mala milanese vicina alla ‘ndrangheta,
Come riportato dai principali quotidiani nazionali, Corriere della Sera, La Stampa, La Repubblica e Il Fatto Quotidiano, i pm milanesi Alberto Nobili e Stefano Civardi, sulla base del lavoro della squadra Mobile, contestano a 4 persone legate alla ‘ndrangheta l’omicidio volontario della 18enne.
Cristina Mazzotti segregata in una buca e drogata: come è morta
I pm di Milano contestano ai 4 indagati l’omicidio di Cristina Mazzotti nel presupposto che “segregandola in una buca senza sufficiente aereazione e possibilità di deambulazione, somministrandole massicce dosi di tranquillanti ed eccitanti”, ne abbiano “così cagionato la morte” nelle stesse ore in cui il padre pagava il riscatto tra il 31 luglio e l’1 agosto 1975.
I quattro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Cristina Mazzotti, il rapimento
Cristina Mazzotti fu rapita la sera del’1 luglio 1975 fuori dalla sua villa di Eupilio (Como). Al padre della ragazza, Helios, furono chiesti 5 miliardi di lire di riscatto e dopo un mese l’uomo racimolò 1 miliardo e 50 milioni che pagò.
Il primo settembre del ’75 una telefonata anonima indicò ai carabinieri di scavare in una discarica di Galliate (Novara), e lì fu ritrovato il cadavere. Cristina era stata uccisa da un cocktail di farmaci.
Cristina Mazzotti, i processi
Un primo processo si concluse a Novara con 13 condanne di cui otto ergastoli a carico di fiancheggiatori ma non degli esecutori materiali del sequestro finito in omicidio.
Nel 2007 un’impronta digitale, grazie alla nuova banca dati, fu attribuita a un calabrese. Il gip ne respinse per mancanza di esigenze cautelari l’arresto chiesto dalla Procura di Torino, ma Latella ammise di essere stato uno dei sequestratori e chiamò in causa altre due persone.
Il fascicolo (passato a Milano per competenza territoriale) fu archiviato nel 2012: prescritti, per varie ragioni, il sequestro di persona e l’omicidio volontario aggravato. Nel frattempo, però, una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione nel 2015 aveva indicato imprescrittibile il reato di omicidio volontario.
Un esposto è stato quindi riproposto da Fabio Repici, già avvocato della famiglia Mazzotti e poi parte civile per la famiglia del magistrato torinese Bruno Caccia ucciso nel 1983 in un delitto nel quale secondo l’avvocato avrebbe avuto un ruolo lo stesso uomo.