Csm sospende giudice di Roma, usava falsa identità

Pubblicato il 9 Dicembre 2009 - 19:10 OLTRE 6 MESI FA

giudiceUsava una «falsa» identità grazie a una tessera di riconoscimento che le era stata legittimamente rilasciata dalla Corte d’appello di Roma, ma sulla quale era riportata un’erronea data di nascita; e così disponeva di un codice fiscale che le permetteva di agire «al riparo da possibili responsabilità patrimoniali». Con questa accusa la sezione disciplinare del Csm ha sospeso dalle funzioni Chiara Schettini, giudice del tribunale fallimentare di Roma. Lo rende noto l’Ansa.

La decisione risale al 13 novembre scorso, ma le motivazioni sono state depositate oggi. E tra due giorni lo stesso “tribunale delle toghe” dovrà pronunciarsi su una richiesta di revisione presentata dalla diretta interessata. Per la stessa vicenda , come emerge dal provvedimento adottato dal Csm, il magistrato è sottoposto a un procedimento penale da parte della procura di Perugia – titolare con il collega Sergio Sottani è Giuliano Mignini, uno dei pm del processo per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher – in cui i reati ipotizzati sono quelli di falsità materiale (e ideologica) commessi dal pubblico ufficiale in atti pubblici e dal privato.

A chiedere la sospensione e ad avviare l’azione disciplinare per Schettini era stato il 5 novembre scorso il Pg della Cassazione Vitaliano Esposito, con un pesantissimo atto di accusa: il giudice romano – si legge- non solo ha «falsificato» la tessera in questione; ma con una «condotta preordinata e organizzata» e rientrante in un «medesimo disegno criminoso», ha usato «in atti pubblici soggetti e registrazione o a trascrizione e a iscrizione, false generalità e un falso numero di codice fiscale» (tra l’altro in occasione di un contratto di mutuo di 800mila euro per l’acquisto di un appartamento); tutto questo per «costruirsi una sorta di doppia identità e sottrarsi in questo modo, almeno potenzialmente, alle proprie obbligazioni e ai controlli di legge».

Sì, perchè come scrive il Csm, il magistrato era «al centro di cospicue contrattazioni»; una «congerie di attività commerciali» , anche «intrecciate a quelle della madre», «quotista di riferimento», come lei, di una «società di capitali operante nel settore immobiliare». E l’uso della falsa identità non solo le permetteva di «apparire titolare di patrimonio incapiente a fronte di possibili richieste o esecuzioni», cioè in sostanza nullatenente, ma «nell’immediato rendeva oggettivamente difficili ordinarie operazioni di notifica».

Proprio la circostanza nota che si trattava di un giudice, consentiva a Schettini di adoperare il documento «senza che venissero attivati ulteriori controlli», nota il Csm, che alla luce di tutto questo ha ritenuto vi fosse un’ «assoluta incompatibilità » tra la permanenza del magistrato in servizio «e il decoro della funzione giudiziaria a lei affidata». La diretta interessata non ci sta: e ha già chiesto la revisione del provvedimento, in considerazione del suo stato interessante e in nome della tutela che spetta alle lavoratrici madri.