Cucchi, i periti: “I medici potevano prevedere la morte e non l’hanno curato”

Pubblicato il 16 Gennaio 2013 - 18:48 OLTRE 6 MESI FA
Stefano Cucchi dopo l’arresto

ROMA – La morte di Stefano Cucchi era prevedibile dai medici del Pertini che lo avevano in cura. Digiunava e rifiutava l’acqua e non gli hanno spiegato che, se continuava così, era a rischio della vita. ”I medici del Pertini non trattando il paziente in maniera adeguata ne hanno determinato il decesso” dunque ”l’evento morte era prevedibile”. Lo ha sostenuto il professore Luigi Barana, uno dei periti incaricati dalla III Corte d’assise di Roma di stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi. “Non fu informato sul suo stato di salute, sulla prognosi a breve infausta nel caso lui avesse persistito nel rifiutare cibo e liquidi”, ha detto in aula il perito Marco Grandi.

Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre 2009 per droga, morì una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma. Mercoledì in aula la conclusione dell’esame dei periti (sei medici dell’istituto Labanof di Milano) e dal controesame dei legali della famiglia e delle difese. ”I medici – ha detto Marco Grandi, a capo del pool di esperti – non hanno saputo individuare il quadro patologico. Hanno avuto una condotta colposa a titolo di imperizia o negligenza, quando non di mancata osservanza delle disposizioni codificate”.

I tecnici milanesi si sono soffermati anche sul tema della regolarità della documentazione sanitaria redatta e tenuta in ospedale (”Ci sono carenze nella cartella clinica. Non c’è registrazione del peso, della temperatura corporea, della frequenza cardiaca e anche una confusa registrazione della diuresi”), ma anche sul quesito a loro posto riferito alla correttezza della terapia effettuata e delle informazioni date al paziente. ”Secondo noi – ha detto il professore Grandi – i medici del Pertini mai si sono resi conto di essere di fronte a un caso d’importante malnutrizione; non hanno monitorato il paziente sotto questo profilo né hanno chiesto l’intervento di specialisti. In secondo luogo, poi, hanno dato scarsa attenzione all’esame obiettivo del paziente, e non lo hanno informato sul suo stato di salute”.

All’ingresso al Pertini il giovane ”aveva uno stato di denutrizione importante che, visto la sua volontà di digiunare e di astenersi dall’ingerire liquidi, doveva immediatamente allertare i medici. Anche pochi giorni di ulteriore astensione da alimenti e liquidi costituiva rischio concreto di un irreversibile aggravamento delle sue condizioni”. Cosa diversa per gli infermieri ai quali ”nessuno dei sanitari diede indicazioni sul da farsi”. Sotto processo ci sono sei medici, tre infermieri e tre agenti penitenziari, a vario titolo e a seconda delle posizioni accusati di favoreggiamento, abbandono d’incapace, abuso d’ufficio, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità.

Amaro il commento del padre di Stefano:  ”Ho ipotecato casa, oggi erano in aula i miei consulenti venuti da varie parti d’Italia e da me pagati – ha aggiunto Giovanni Cucchi – Il pm però si è opposto a far sì che fossero loro a porre le domande ai periti della Corte. Voglio capire perché e voglio delle scuse; anche perché ritengo necessario un confronto approfondito che solo tra periti è possibile esplicare in modo completo. A tale confronto ritengo che lo Stato non dovrebbe rinunciare per nessun motivo”.

”Stefano è solo la punta di un iceberg che evidenzia come sia il sistema che non va – ha concluso il padre di Stefano – Un sistema che presenta aspetti negativi che non si vogliono fare emergere. Speriamo che la sua morte serva almeno a fare emergere questi aspetti negativi per correggerli”.