David Raggi ucciso da clandestino: famiglia fa causa a Stato

di redazione Blitz
Pubblicato il 3 Febbraio 2016 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA

TERNI – David Raggi ucciso da un giovane marocchino a cui era stata respinta la richiesta di asilo politico: la famiglia fa causa al ministero dell’Interno, a quello della Giustizia e alla presidente del Consiglio dei ministri, e chiede allo stato due milioni di euro di danni.

La citazione arriva dalla famiglia del giovane Raggi, ucciso nella notte tra il 12 e il 13 marzo del 2015 davanti ad un locale in piazza dell’Olmo a Terni da un cittadino marocchino ubriaco, Amine Aassoul, 30 anni. La tesi dell’avvocato della famiglia Raggi è che Aassoul non doveva trovarsi in Italia, o comunque doveva trovarsi in carcere, dal momento che era stato già condannato a 7 anni.

Al ministero dell’Interno la famiglia contesta la mancata espulsione dall’Italia di Aassoul (che è stato condannato a 30 anni di reclusione con rito abbreviato ed è ora in attesa dell’Appello), dopo che la sua richiesta di asilo politico era stata respinta nel settembre 2014 dalla commissione territoriale di Siracusa. Nel frattempo era stata respinta dal tribunale di Caltanissetta anche la richiesta di sospensiva, in attesa dell’esito del ricorso presentato dal nordafricano.

Al ministero della Giustizia viene invece contestata la mancata esecuzione di un provvedimento di cumulo di pene a carico dello stesso marocchino, in base al quale avrebbe dovuto scontare 6 anni e otto mesi di reclusione per vari reati.

A questo quadro si aggiunge il fatto che la presidenza del Consiglio, secondo quanto sostiene l’avvocato della famiglia Raggi, non ha recepito la direttiva europea del 2004, che prevede l’istituzione di un fondo di garanzia a tutela delle vittime dei reati gravi commessi da nullatenenti. “Questa direttiva, spiega l’avvocato, non è mai stata applicata dall’Italia, ma permetterebbe la liquidazione almeno delle provvisionali decise in sede di condanna, 400 mila euro”. Due le sentenze, una emessa dal tribunale di Torino e l’altra da quello di Roma, che hanno già riconosciuto l’indennizzo a favore di familiari di vittime di reati in mancanza dell’istituzione del fondo.

“Non è l’aspetto economico ad interessarci – ha commentato Diego, il fratello di David – ma vogliamo dare un segnale perché nessuno patisca più quello che stiamo patendo noi. La colpa di quanto successo a mio fratello è dello Stato, perché sono mancati i controlli”.