Via Poma, il suicidio di Vanacore non convince il medico legale: “Troppe anomalie”

Pubblicato il 19 Marzo 2010 - 10:55 OLTRE 6 MESI FA

Il medico legale che sta eseguendo l’autopsia sul corpo di Pietro Vanacore parla di un suicidio anomalo. Un punto dove «l’acqua è bassa, tanto che sarebbe stato sufficiente afferrare una roccia con una mano per mettersi in salvo», rischiando così «di non portare a termine il tragico progetto». Ma anche la scelta «di un luogo a ridosso di una strada trafficata in pieno giorno» e biglietti «troppo grandi e visibili».

Sono queste alcune delle “anomalie” del suicidio di Pietrino Vanacore, (l’ex portiere del Palazzo di via Poma a Roma dove nel ’90 fu uccisa Simonetta Cesaroni), individuate da Massimo Sarcinelli, il medico legale che ha eseguito l’autopsia.

In una intervista al Giornale il medico, pur sottolineando che «ogni caso è diverso dall’altro», dice che questo «presenta davvero tanti lati oscuri». Di certo, afferma,  «non è in dubbio la morte per annegamento», ma «suscita qualche dubbio la decisione di lasciarsi andare in quel tratto di mare» dove poteva essere facile salvarsi, perché «di solito una persona che intenda suicidarsi preferisce non correre il rischio» che «prevalga l’istinto di sopravvivenza». Non è “comune”, poi «la lucidità mostrata da Vanacore nel predisporre il suicidio e il modo in cui si è premurato di far ritrovare il corpo legandosi una caviglia con una fune fissata a un albero».

Quanto al veleno, un anticrittogamico che Vanacore avrebbe ingerito, fatto che sarà accertato dall’esame tossicologico, «può essere servito da narcotizzante»: questo, conclude l’esperto, spiegherebbe anche «la zeppola e i due bocconi di pane, mangiati prima e subito dopo l’assunzione del veleno, «forse per cancellare il sapore sgradevole ed evitare il vomito. In ogni caso sono in corso altri accertamenti».