Diabolik, chi era il capo degli Irriducibili Lazio ucciso al parco degli Acquedotti

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Agosto 2019 - 09:46 OLTRE 6 MESI FA
Diabolik, chi era il capo ultras degli Irriducibili Lazio ucciso al parco degli Acquedotti

Il corpo di Fabrizio Piscitelli, conosciuto come ‘Diabolik’, disteso a terra al parco degli Acquedotti a Roma (foto ANSA)

ROMA – Era uno dei volti più noti della Curva Nord laziale, degli Irriducibili, Fabrizio Piscitelli detto Diabolik, morto ieri sera, 7 agosto, dopo esser stato raggiunto da un colpo di pistola alla testa mentre si trovava al parco degli Acquedotti, a Roma. La carta d’identità segnava quei 53 anni anni spesi a tifare per i colori biancocelesti, nel corso dei quali il suo nome era stato più volte al centro di vicende giudiziarie legate al tifo per la squadra capitolina ma anche ad indagini sul traffico internazionale di stupefacenti. Piscitelli viene menzionato anche nelle carte dell’inchiesta Mafia Capitale. 

A gennaio 2015 Piscitelli era stato condannato, assieme ad altri 3 capi ultrà, a 3 anni e 6 mesi nell’ambito processo di primo grado per il tentativo di scalata alla Lazio che nel 2006 aveva coinvolto anche l’ex bomber icona del primo scudetto biancoceleste, Giorgio Chinaglia. Secondo la ricostruzione dei pm Rocco Fava, Vittoria Bonfanti ed Elisabetta Ceniccola, gli imputati avrebbero compiuto una “campagna” intimidatoria e di pressioni sul presidente del club Claudio Lotito finalizzata a fargli cedere il club ad un gruppo farmaceutico ungherese che sarebbe stato interessato all’acquisto e di cui Chinaglia sarebbe stato il portavoce.

Da un’inchiesta scattata nell’aprile del 2014 emerse che “all’elevato tenore di vita tenuto dalla famiglia Piscitelli faceva da controparte una dichiarazione dei redditi decisamente troppo scarna”. Secondo quelle indagini il capo ultrà “faceva soldi commercializzando gadget della Lazio, e aveva fondato un’azienda il cui capitale, allora sotto sequestro, era diviso a metà tra la moglie e la figlia”. Piscitelli deteneva anche il 70 per cento delle quote di una società in liquidazione, la “Fans Edition”, e risultava presidente dell’associazione culturale “Mister Enrich” (noto simbolo degli Irriducibili), che contava nel consiglio direttivo due vertici storici del gruppo laziale.

Nel 2016 invece Piscitelli subì il sequestro di oltre 2 milioni di euro, compresa anche una villa a Grottaferrata (provvedimento poi annullato dalla Cassazione) dopo le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia che lo vedevano coinvolto in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti provenienti dalla Spagna. 

Secondo gli inquirenti che indagavano all’epoca sulla vicenda, Piscitelli era ritenuto un soggetto “pericoloso” da oltre 25 anni, “vissuto costantemente all’insegna della prepotenza e della sopraffazione sul prossimo, indifferente ai numerosi provvedimenti di polizia adottati nei suoi confronti” e si sarebbe “dedicato al crimine organizzato finanziando numerose importazioni di sostanze stupefacenti”.

Diabolik e la Curva Nord

 Il 30 gennaio del 2000, in occasione di Lazio-Bari nell’annata dello scudetto vinto da Sven Goran Eriksson, fecero il giro del mondo le immagini dello striscione esposto in Curva nord in “onore alla tigre Arkan”: il riferimento era a Zeljko Raznatovic, criminale di guerra serbo accusato di genocidio e crimini contro l’umanità, morto in quei giorni.

Nel 2017 proprio gli Irriducibili finirono nella cronaca per aver affisso adesivi di chiaro stampo antisemita che ritraevano Anna Frank con la maglia giallorossa nella Curva Sud dei cugini romanisti. E, appena un anno fa, fece scalpore un volantino, a firma del sedicente “direttivo Diabolik Pluto” (due capi ultrà), che vietava alle di stare nelle prime dieci file della Curva Nord, considerato un “luogo sacro” della tifoseria biancoceleste. “Chi sceglie lo stadio come alternativa alla spensierata e romantica giornata a Villa Borghese – era l’accusa – andasse in altri settori”.

(fonte AGI – IL FATTO QUOTIDIANO)