Disabile vessato su Youtube. Pg: “Google doveva impedirlo, lezione di crudeltà”

Pubblicato il 11 Dicembre 2012 - 13:26 OLTRE 6 MESI FA
Foto Lapresse

MILANO – Google “doveva impedire che il video del disabile vessato dai compagni finisse su Youtube“. Con questa motivazione il sostituto procuratore generale della Cassazione, Laura Bertolè Viale, ha chiesto la conferma delle condanne a 6 mesi (pena sospesa) per 3 manager di Google, accusati di violazione della privacy. I tre responsabili del motore di ricerca vennero condannati nel febbraio 2010 in primo grado e la sentenza suscitò molto clamore a livello internazionale, anche con le proteste dell’ambasciata Usa a Roma.

La storia: nel 2006 comparve su Youtube (e fu visualizzato molte volte dagli utenti della piattaforma) un video nel quale si vedeva un ragazzo down preso in giro e insultato dai compagni. Il video era stato girato in un istituto tecnico di Torino e suscitò molto scalpore, tanto da portare alla condanna dei 3 manager di Google.

”Non solo e’ stata violata la privacy del minore, ma sono anche state date lezioni di crudelta’ ai 5.500 visitatori che hanno visto il video”, ha detto Laura Bertolè Viale. Secondo il pg, i tre responsabili di Google imputati dovevano ”effettuare un controllo sui dati caricati in rete, un controllo preventivo che avevano la possibilita’ di fare e che non e’ stato fatto per ragioni di costo, un controllo che infatti avrebbe rallentato l’azione di Google sul mercato dei video che era in forte espansione”.

Nel febbraio 2010 il giudice Oscar Magi aveva condannato i tre manager stabilendo, in sostanza, che c’era stata una carenza di informazione da parte di Google in relazione al consenso sul trattamento dei dati. Il pg, invece, va oltre e spiega che gli imputati sarebbero responsabili ”non per la mancata informazione, ma per una mancanza di controllo preventivo, che non e’ stato fatto a fini di lucro perche’ il video era una fonte di guadagno”.

Quel video, ha aggiunto il magistrato, non poteva essere diffuso perche’ tra l’altro ”conteneva dati sensibili relativi alla salute del minore”. In primo grado un quarto imputato, accusato solo di diffamazione, era stato assolto e la diffamazione era caduta anche per gli altri imputati. Adesso il sostituto pg ha chiesto il non doversi procedere nei confronti del quarto imputato, perche’ sia l’ associazione ‘ViviDown‘ che i familiari del minore hanno ritirato la querela in passato (la diffamazione e’ un reato procedibile a querela di parte).

La replica dei legali di Google non si è fatta attendere: “E’ colpa degli insegnanti”. Se c’era qualcuno che aveva ”l’ obbligo giuridico” di vigilare non era certo Google, ma “era la professoressa di quell’istituto tecnico di Torino dove il minorenne disabile venne insultato e vessato dai suoi compagni di scuola che riprendevano le angherie, poi caricate in Rete”, ha spiegato l’avvocato Giuseppe Vaciago.

Tra i difensori dei responsabili del motore di ricerca c’e’ anche l’avvocato e parlamentare, Giulia Bongiorno, la quale, davanti ai giudici della Corte d’Appello, ha chiarito che i tre imputati sono stati condannati in primo grado (sei mesi, con sospensione della pena) in base a un obbligo informativo sul trattamento dei dati ”che non e’ previsto nel nostro ordinamento”. La sentenza è attesa per il 21 dicembre.