Domenico Rigante, l’omaggio di Pescara. La rabbia contro i rom

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 7 Maggio 2012 - 08:42 OLTRE 6 MESI FA

Domenico Rigante

PESCARA – Un funerale con diecimila dolenti non è evento di tutti i giorni. Un funerale con la bara a strisce biancazzurre, i colori sociali di una squadra di calcio, non s’era mai visto. In quella bara c’è un ragazzo più che ventenne, ucciso a freddo con due colpi di pistola, il ragazzo morto che saluta lo stadio di Pescara con un ultimo giro di campo. Fra gli ultrà che rendono omaggio, c’è il sindaco di Pescara, Luigi Arbore Mascia.

Il morto è Domenico Rigante, un simbolo della curva, ancor più simbolo nell’anno vincente di Zeman. Lo stadio è ancora fresco dell’omaggio reso a Morosini, il disgraziato giocatore del Livorno stroncato da un’infezione al cuore durante Pescara-Livorno. In poco più di un mese lo stadio Adriatico, recentemente ribattezzato “Cornacchia”, è teatro di due funerali assai simbolici, che nulla hanno a che fare l’uno con l’altro. La valenza simbolica delle lacrime per Morosini assume tutt’altra valenza per Domenico Rigante.

Gli ultrà sono gli stessi, anche il sindaco è lo stesso, ma nel secondo caso c’è un omicidio e un assassino (per ora presunto) che si chiama Massimo Ciarelli, esponente di peso della tribù dei Rom che abita Pescara e impone la sua legge in un paio di quartieri della città, Rancitelli innanzitutto, luogo dell’illegalità che si fa legge, la legge del più forte: e qui i più forti sono gli zingari.

Due giorni fa il questore ha dovuto interrompere la manifestazione degli ultrà contro gli zingari, per evitare che il numero dei morti si limitasse al povero Rigante. Gli ultrà si sono trovati dal calcio d’angolo al corteo contro l’illegalità, segnatamente quella dei Rom che ammorba Pescara. I Rom. Paradossalmente è toccato agli ultrà un ruolo “civile” che non si nota normalmente sulle curve dei nostri stadi. Ma la Pescara indifferente e un po’ pavida ha affidato ai suoi scalmanati di mestiere il ruolo di rivoltosi a fin di bene. Da non credersi, ma è così.

Viste le premesse, la manifestazione non poteva che assumere toni razzisti e li ha assunti. Tutto prevedibile, ma le autorità hanno dovuto toccare con mano prima di interrompere un corteo equivoco. Il problema dei Rom a Pescara non ha nulla infatti a che vedere col razzismo, tranne che se ne affidi la soluzione a migliaia di ultrà che razzisti non sanno neanche di essere, pur essendolo visceralmente. I Rom a Pescara sono un gruppo sociale potente e ricco, fuori dalla legge e dal fisco, cittadini con diritti senza doveri che da decenni si sono chiusi in un ghetto per meglio difendere i loro affari: droga, furti, usura, traffico di preziosi. Nullatenenti per principio, ogni tanto subiscono sequestri di beni per milioni di euro. Nei loro quartieri sono la legge e guai a chi vi si oppone. In passato hanno avuto rapporti con la politica, essendo i Rom un bel bacino di voti. Sono “italiani” nei vizi, ma non si sono mai assimilati, tranne in casi rari e individuali. Sono “italiani” senza doveri, ben oltre la media nazionale. Gli uomini di legge li tengono sottocchio, ma forse ci vorrebbe una sottoquestura solo per loro.

Va da sé che il modo di vivere dei Rom pescaresi è fonte di disagio per i cittadini e, spesso, anche fonte di episodi gravi di violenza. E’ ancora viva la memoria del barbaro assassinio, una decina di anni fa, di Marino Di Resta, maresciallo dei carabinieri. E’ all’ordine del giorno la rissa ed il fattaccio più o meno grave. Se poi mettete di fronte, come cani da combattimento, gli ultrà e i Rom, finisce come è finito Domenico Rigante. Ma c’è qualcuno che continua a pensare che finchè se le danno ultrà e zingari sono fatti loro. Questa è la verità. La città si guarderà lo spettacolo alla televisione e sui giornali.