Prete ucciso a Como, il senzatetto killer doveva essere espulso ad aprile. Ma il Covid…

Il prete di 51 anni, Don Roberto Malgesini, è stato accoltellato e ucciso a Como da un senzatetto. Quest’ultimo doveva essere espulso prima della pandemia.

Da una prima ricostruzione dell’omicidio del prete avvenuto questa mattina a Como, don Roberto Malgesini stava iniziando il suo giro di distribuzione delle prime colazioni.

Sotto casa, nella canonica di San Rocco c’è ancora la sua Panda grigia con tutto il necessario. Probabilmente il sacerdote ha trovato l’omicida ad aspettarlo

Era una persona che don Roberto conosceva, un senzatetto al quale forniva assistenza e con il quale pare fosse anche in buoni rapporti.

Resta da capire cosa sia successo tra i due, perché non vi sarebbero testimoni dell’aggressione.

Don Roberto è stato colpito da varie coltellate, quella letale al collo: il corpo era a una ventina di metri dall’auto, dove c’è un piccolo spiazzo in cui si trovano solitamente gli immigrati.

Dopo avere ferito mortalmente il prete, l’omicida è andato a piedi a costituirsi alla caserma dei carabinieri, che dista circa 400 metri da San Rocco.

Lungo il percorso vi sono gocce di sangue lasciate dall’omicida.

Senzatetto aveva espulsione ‘sospesa’ per Covid

Sull’uomo di origini tunisine che ha ucciso il prete pende un provvedimento di espulsione datato 8 aprile e ‘sospeso’, spiegano fonti della questura, a causa della situazione determinata dal coronavirus col blocco dei voli.

È in corso l’interrogatorio del sospettato dopo che l’uomo è stato medicato in ospedale, perché si è lesionato un tendine durante l’accoltellamento.

Il tunisino era arrivato in Italia nel 1993 e si era sposato tre anni dopo con un’italiana. 

Dormiva nella parrocchia di Sant’Orsola, a Como, e aveva più volte consumato nei centri di accoglienza le colazioni preparate dal prete.

Lo riferiscono all’AGI diversi testimoni. “Soffriva di manie di persecuzione – spiega uno di loro – gridava spesso e, negli ultimi giorni, sembrava più nervoso del solito”.

Aveva precedenti per furto e rapina. Alcuni volontari che hanno avuto a che fare con lui raccontano di suoi “forti sbalzi d’umore”.

Prete ucciso, da mesi a Como tensioni su gestione senzatetto e poveri

L’uccisione del ‘prete degli ultimi’ deflagra a Como in un clima già denso di polemiche sulla gestione dei senzatetto e dei più poveri, che contrappone l’amministrazione comunale di centrodestra, guidata dal sindaco Mario Landriscina, e alcune associazioni e cittadini impegnati nel volontariato.

L’ultimo caso controverso è quello dell’assessora comunale alle Politiche Sociali, Angela Corengia, ripresa in un video mentre toglieva e buttava su un prato la coperta utilizzata da un senza dimora per riscaldarsi di fronte all’ex chiesa di San Francesco.

Proprio qui nei mesi scorsi don Roberto era stato multato dalla polizia locale per avere distribuito la colazione ai poveri.

In una nota, Corengia si era difesa spiegando che , secondo le regole stabilite, tre volte la settimana vengono effettuate le operazioni di pulizia a San Francesco.

“Il mio compito è quello di fare in modo che coloro che trascorrono la notte sotto il porticato liberino temporaneamente l’area per consentire pulizia e sanificazione, anche nel loro interesse”, aveva spiegato l’assessora.

“Per questo personalmente sveglio con un ‘Buongiorno, ragazzi’ e un ‘Per favore, puoi alzarti?’ gli ospiti.

Capita che l’invito debba essere più volte reiterato”.

Il “problema” coronavirus

Negli ultimi mesi, il coronavirus ha fatto esplodere il problema, già presente da anni, dei senzatetto nel centro di Como, acuito anche da un focolaio di contagi.

Quasi una trentina di persone staziona ormai regolarmente sotto i portici di San Francesco, di fianco al Tribunale, e l’insofferenza dei residenti e dei commercianti sale ogni giorno di più, con sullo sfondo la discussione sul nuovo dormitorio che la Lega, parte della maggioranza di centrodestra guidata dal sindaco Mario Landriscina, non vuole.

Caritas e polizia Locale hanno più volte sgomberato e sanificato l’area, ma chi non ha una casa ha sempre recuperato la sua postazione nelle ore successive.

“Dopo la fine dell’emergenza sanitaria”, spiega all’AGI Roberto Bernasconi, direttore della Caritas locale, “i problemi sono aumentati, tenendo presente che non c’è un progetto complessivo sul tema.

Quest’anno i due dormitori invernali, che possono accogliere insieme un centinaio di persone, non hanno chiuso nei tempi consueti per la pandemia.

Anzi, il Comune ha disposto un’apertura di 24 ore, perché non erano possibili gli spostamenti.

Così per tre mesi abbiamo tenuto un’ottantina di persone, in luoghi adatti solo al ricovero notturno con tutte le problematiche del caso”.

“Finita l’emergenza”, racconta Bernasconi, “abbiano riaperto perché l’ambiente stava diventando difficile, iniziava a fare caldo e si rischiavano delle rivolte.

Tra l’altro, la mensa serale nei locali di una rsa che è stata chiusa e abbiamo dovuto preparare 520 pasti al giorno. Sono usciti tutti in contemporanea, mentre gli altri anni se ne andavano in tempi diversi”.

Focolaio a Como tra i senzatetto

Nel frattempo, a Como era sorto un focolaio di coronavirus nel centro di accoglienza della ‘Piccola casa di Ozanam’.

Le sei persone positive, asintomatiche, sono state collocate in alcuni locali di Ats, sempre in città.

Uno spostamento che aveva creato ulteriori tensioni, con una raccolta di centinaia di firme di residenti che non volevano ritrovarsi con la nuova struttura di accoglienza vicino a casa.

D’altra parte, anche il gruppo stabile sotto gli storici portici di San Francesco, di cui fanno parte persone con problemi psichici e di dipendenze, non è per nulla gradito.

Le risse tra loro sono frequenti e anche gli episodi di spaccio.

“È normale”, riflette Bernasconi, “quando queste persone vengono a giocare nel ‘mio’ giardino allora arrivano i reclami.

Bisognerebbe avere il coraggio di aprire gli occhi e capire che il problema, ancor più dopo il coronavirus tende ad aumentare.

Il problema non è salvare il decoro togliendole dalla vista, ma cercare di aiutarle”.

“Como è una città ricca”, aveva detto Marta Pezzati, presidente dell’associazione, in un video visibile sul sito comozero.it.

“Ci sono tanti edifici vuoti, un terzo settore molto attivo e pieno di benessere. Ma adesso la cosa più importante è ‘basta portici’”.

I volontari chiedono un nuovo dormitorio, una prospettiva che, secondo Bernasconi, non risolverebbe tutto.

Secondo Bernasconi una fetta consistente dei senzatetto sono persone senza permesso di soggiorno che, come tali, non potrebbero avervi accesso. (fonte AGI)

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