Caputi, Malaschini, Catricalà: doppio incarico e stipendi cumulati

Pubblicato il 13 Gennaio 2012 - 11:12 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Doppio incarico, doppio stipendio, pochi tagli.  Sergio Rizzo dalle colonne del Corriere della Sera ricorda che, con il decreto salva-Italia, “chiunque è chiamato a ricoprire incarichi direttivi in ministeri, enti pubblici e authority non possa intascare una somma aggiuntiva superiore al 25% dello stipendio di destinazione”.

Oggi invece accade che per alcuni esempi doppio incarico significa doppio stipendio pieno.

Gaetano Caputi è direttore generale della Consob e membro della Commissione di garanzia per gli scioperi. Antonio Malaschini è sottosegretario del governo guidato da Mario Monti e consigliere di Stato. Antonio Catricalà, adesso sottosegretario, è ex presidente dell’Antitrust ed ex presidente di sezione del Consiglio di Stato. Filippo Patroni Griffi è ministro per la pubblica Amministrazione ma ha anche uno stipendio da magistrato.

Ecco l’esempio che fa per Rizzo per Caputi, prima di snocciolare gli altri nomi: “Gaetano Caputi, per esempio, sfida la legge sull’impenetrabilità dei corpi: è contemporaneamente in due authority. L’ex capo dell’Ufficio legislativo del ministro Giulio Tremonti è direttore generale della Consob. La carica vale 395 mila euro. Ma Caputi è anche componente della Commissione di garanzia per gli scioperi: altri 95.697 euro. Con un paradosso. Che applicando la regola del 25% allo stipendio da direttore della Consob, potrebbe addirittura aumentare la propria retribuzione di 3 mila euro. Da 490.697 a 493.750. Già. La vera perdita, per lui, sarebbe quella del terzo stipendio: la paga da professore della Scuola dell’Economia e Finanze, dov’è fuori ruolo”.

Poi ancora Rizzo scrive: “Per il sottosegretario a Palazzo Chigi Antonio Catricalà, che sommava l’indennità da presidente dell’Antitrust allo stipendio di presidente di sezione del Consiglio di Stato, si profila un salasso notevole. Addolcito comunque dall’ineluttabile fato: il suo incarico era comunque in scadenza e non rinnovabile. Alla fine gli è andata quasi bene. Mentre Patroni Griffi ha rinunciato, oltre alla paga da magistrato, anche a un sontuoso arbitrato del valore di 536 milioni fra la Fiat e la Tav. Ma nemmeno lui si può lamentare. Danni veramente limitati, invece, se «danni» è la parola giusta, per Antonio Malaschini. Non conoscendo i numeri precisi che avremmo invece pieno diritto di sapere (ancora aspettiamo la trasparenza promessa da Mario Monti) possiamo solo fare supposizioni. Come componente del governo, l’ex segretario generale del Senato ha diritto a uno stipendio di circa 200 mila euro lordi (la paga da sottosegretario più una indennità pari a quella dei parlamentari). A questa si sarebbe sommata integralmente la retribuzione da consigliere di Stato”.