Dossier illegali, Telecom e Pirelli patteggiano la pena

Pubblicato il 1 Febbraio 2010 - 10:02 OLTRE 6 MESI FA

Giuliano Tavaroli

Centomila euro di profitto del reato, quattrocentomila di sanzione pecuniaria, 750mila a titolo di risarcimento del danno a tre ministeri, più i circa tremila euro di offerta-standard ai dipendenti schedati al momento dell’assunzione (circa 4,8 milioni): su questa base, complessivamente intorno ai sette milioni e mezzo di euro, sia Telecom sia Pirelli hanno ottenuto dalla Procura di Milano il consenso all’accordo che, depositato sabato mattina negli uffici deserti per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, farà uscire le due aziende dall’udienza preliminare sul dossieraggio illecito praticato dalla divisione Security negli anni in cui la guidava Giuliano Tavaroli, tra i primi a chiedere già mesi fa di patteggiare quattro anni e mezzo.

In questo modo, sebbene entrambe le imprese quotate in Borsa non intendano ammettere alcuna responsabilità ma si rappresentino come danneggiate dal comportamento di Tavaroli e degli altri manager della sicurezza aziendale che avrebbero reso vani i modelli organizzativi interni anti illeciti, Telecom e Pirelli chiedono di patteggiare l’accusa di corruzione per la quale i pm Napoleone, Civardi e Piacente ne avevano chiesto nel 2008 il rinvio a giudizio in forza della legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati commessi dai propri dipendenti nell’interesse aziendale. Il dossieraggio illegale con casi anche di intercettazioni non telefoniche ma telematiche, pagato dal 1997 al 2005 con 34 milioni di euro aziendali, si alimentava infatti di molti canali: le risorse societarie utilizzate dalla struttura di Tavaroli per il mercimonio di tabulati telefonici o l’intercettazione di posta elettronica; l’agenzia di investigazione privata di Cipriani; il flusso informativo veicolato da detective privati come Giampaolo Spinelli (ex Cia) eMarco Bernardini (ex Sisde); la pirateria informatica del Tiger Team di Fabio Ghioni in Telecom; le notizie carpite dagli archivi dei servizi segreti grazie ai contatti con 007 (Marco Mancini) e “fonti” italiane (Rossi e Vairello) e francesi (Guatteri); i “profili” stilati dall’ex giornalista di Famiglia Cristiana, Guglielmo Sasinini.

Ma anche, ed è questa l’origine dell’imputazione di corruzione mossa alle aziende in base alla legge 231, le tangenti pagate a poliziotti, carabinieri e finanzieri per gli accessi abusivi alle banche dati del ministero dell’Interno, della Giustizia e delle Finanze.