Edlira Dobrushi, la disperazione prima di uccidere le figlie: “Mille pensieri”

di Elisa D'Alto
Pubblicato il 11 Marzo 2014 - 16:03 OLTRE 6 MESI FA
La casa dove Edlira viveva con le figlie a Lecco (Foto Ansa)

La casa dove Edlira viveva con le figlie a Lecco (Foto Ansa)

LECCO – “Ho in testa mille pensieri e non so da dove cominciare”. Edlira Dobrushi, Eda per tutti, ha detto così al telefono alla madre sabato otto marzo. Poche ore dopo avrebbe ucciso a coltellate le tre figlie, Simona, Kesi, Sidny. Una dopo l’altra, nel sonno. La seconda figlia ha più ferite addosso perché si è svegliata, ha visto che la madre stava accoltellando la sorella addorementata e ha tentato di difendersi. Forse ha corso, gli inquirenti dicono che qualcuno quella notte ha cercato di telefonare ai carabinieri, ma Eda ha finito anche lei.

Una breve sintesi dell’orrore, necessaria per far capire cosa questa madre abbia fatto. Non ha usato una pistola o un veleno, ma ha accoltellato, gesto più cruento e crudele, che ha bisogno di tempo e forza fisica. Una, due, tre volte.

Quanta disperazione c’era in Eda, moglie appena lasciata dal marito, non in cattivissime condizioni economiche, per arrivare a fare tutto questo? E’ quello che gli inquirenti, gli psicologi, i magistrati, dovranno cercare di capire per giudicare questa mamma assassina e reo confessa. “Ho evitato loro un futuro disperato”, ha detto lei a chi la arrestava e forse la chiave è proprio lì. Non un futuro di fame, non era la sussistenza materiale, non primariamente quella, il cruccio di Eda: il marito le passava 1100 euro al mese per le figlie, certo non era tutto rose e fiori, era stata vista alla Caritas, ma non tutti ammazzano i figli per mancanza di soldi.

Forse il cruccio di Eda era risparmiare alle figlie, tutte femmine, il destino amaro di donna abbandonata. Quello che stava patendo lei: lasciata dal marito, proprio in quei giorni partito per il suo paese natale, il Kosovo, per presentare ai familiari la nuova compagna. E sì, in quei giorni c’era stato anche un litigio per quei 230 euro che servivano a Simona, la maggiore, per andare a Roma in gita con la scuola.  Eda, nel suo delirio notturno, ha “liberato” le figlie dalla condanna che invece pativa lei. La chiamiamo “follia” per prenderne le distanze, perché si stenta a dare un nome a qualcosa di troppo grande da concepire, figurarsi capire.