Enzo Fragalà, arrestati Francesco Arcuri, Salvatore Ingrassia e Antonio Siragusa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Luglio 2013 - 14:52 OLTRE 6 MESI FA
Enzo Fragalà, arrestati Francesco Arcuri, Salvatore Ingrassia e Antonio Siragusa

(Foto Lapresse)

PALERMO –  Dopo tre anni sono stati arrestati gli assassini di Enzo Fragalà, l’avvocato penalista vicino ad An ucciso a sprangate a Palermo il 23 febbraio 2010. I carabinieri hanno arrestato due uomini, legati a Cosa Nostra, secondo quanto scrive Felice Cavallaro sul Corriere della Sera. Si tratta di Francesco Arcuri, Salvatore Ingrassia e Antonio Siragusa.

I tre, scrive Cavallaro, sono

tutti in rapporti con Antonino Abbate, un boss considerato il capo della famiglia mafiosa del Borgo Vecchio ma per il momento rimasto solo sullo sfondo di troppi possibili moventi per la carneficina consumata la sera del 23 febbraio 2010.

Cavallaro ricostruisce l’ultima sera di Fragalà:

Quella sera, un’ora prima che Fragalà, per diverse legislature parlamentare di An, una vicinanza giovanile a Paolo Borsellino, andasse incontro ai suoi killer armati di mazze, una frase rimase incisa durante una intercettazione disposta dai carabinieri per altre inchieste di mafia: «Chiddi un sannu arricugghiutu cui cosi ‘i lignu (quelli non sono ancora arrivati con i pezzi di legno)». Parole adesso agganciate alle dichiarazioni di una pentita, Monica Vitale, pronta a svelare i commenti al delitto fatti dai boss della borgata a due passi dal cuore di Palermo accennando però a una presunta avance dello stesso Fragalà verso la moglie di un suo cliente.

L’ipotesi di una “punizione d’onore” non è, però, suffragata da Giuseppe Carlo Marino, professore di Storia Contemporanea e di cui Fragalà fu assistente:

“Riina fece sapere al povero Enzo da due emissari che voleva incontrarlo in carcere, a Opera, a Milano. Quelli gli dissero che Riina ne apprezzava la professionalità, che si ricordava del tempo in cui aveva difeso il cognato, Leoluca Bagarella. Dubbioso e inquieto, trovandosi qualche tempo dopo a Milano per una causa in tribunale, decise di incontrare Riina. E la proposta fu reiterata: “Mi deve difendere lei”. La risposta, come poi mi confidò Enzo, fu garbata ma risoluta. Pur ringraziando, Fragalà disse a Riina che non avrebbe potuto accettare anche perché ‘amico personale della famiglia Borsellino'”. Una risposta tranciante, evocata da Marino: “La replica, per quanto Enzo mi disse, fu lapidaria: ‘Capisco, avvocato'”.

Un giorno, sotto le feste di Natale, Fragalà si ritrovò i due emissari a casa.

Con una borsa piena di soldi, “a rotoli”. Tirarono fuori le prime banconote dicendo che “Riina lo ringraziava per il disturbo, sperando in un ripensamento”. E l’avvocato s’irrigidì, rifiutando ancora una volta: “Il vostro amico sa che non sono in condizioni di accettare e non posso prendere un centesimo di questi soldi perché andare a Milano non mi è costato denaro, essendo già lì per altro lavoro”.

Sono flash di memoria emersi mentre scattano i tre arresti eseguiti dai carabinieri del colonnello Pierangelo Iannotti. Flash di un professore che si ritrovò a rafforzare con Fragalà un’amicizia paradossalmente affondata in una reciproca disistima legata alle scazzottate del Sessantotto a Palermo, quando il futuro avvocato militava con Pierluigi Concutelli nelle file dell’estrema destra e il futuro professore era un giovane marxista-leninista. Carico di emozioni e dettagli il quadro di Marino: “Quando negli ultimi anni tornò in Sicilia, ci scoprimmo a vicenda, apprezzandoci. Impegnato in campagne antimafia con manifestazioni e presentazioni di libri, anche i miei. Fino alle confidenze alle quali non avevo finora dato grande importanza”.