Fabrizio Corona in aula: “Sono vittima di una messa in scena”

di Redazione blitz
Pubblicato il 12 Giugno 2017 - 12:59 OLTRE 6 MESI FA
Fabrizio Corona: "Sono vittima di una messa in scena"

Fabrizio Corona: “Sono vittima di una messa in scena”

MILANO – Ha citato il ‘daimon’ di Platone, ha fatto commuovere e scoppiare a piangere la sua fidanzata Silvia Provvedi, quando anche lui con la voce rotta dall’emozione l’ha definita “unica e speciale” e un “amore vero”, e poi si è difeso strenuamente spiegando, in sostanza, di essere un “perseguitato”. Sono le ultime dichiarazioni spontanee rese da Fabrizio Corona poco prima che i giudici entrassero in camera di consiglio per la sentenza nel processo milanese con al centro quei 2,6 milioni di euro trovati in parte in un controsoffitto, in parte in Austria.

Il verdetto del collegio presieduto da Guido Salvini è atteso per il pomeriggio. “Non sono un criminale e soprattutto non sono e non sarò mai un mafioso”, ha detto Corona leggendo alcuni fogli contenenti anche una lettera indirizzata direttamente ai giudici. “Non voglio apparire arrogante ma quello che ho vissuto è la messa in scena dell’assurdo” ha aggiunto Corona.

La Dda di Milano, ha insistito Corona, ha fatto soltanto “molto rumore per nulla – ha detto Corona ai giudici – l’accus aha chiamato a testimoniare più di quaranta testimoni che hanno smentito totalmente quanto detto durante le indagini, il PM non ha portato nessun elemento e nessuna prova come se non ce ne fosse bisogno, bastava l’accusa è il mio nome, Corona. L’analisi delle mie società Fenice e Atena è stato l’analisi dei conti. La procura ha sostenuto di avermi sequestrato due milioni e seicentomila euro provenienti dalla mafia, ma il pentito non era Buscetta era Geraldine Daú. Non esiste un fumus persecutionis nei mie confronti? Ho subito più di cinquanta processi, mi hanno dato la sorveglianza personale, mi hanno dato sei anni per una bancarotta, cinque anni per una vendita di fotografie con la parte offesa che sosteneva di non avere mai subito una estorsione, più di tre mesi di carcere preventivo. Ogni volta che si parla di me è tutto sproporzionato. Metà della questura lavorava su di me. I carabinieri mi controllavano ogni volta in ogni provincia, cercando il minimo pretesto per mandarmi in carcere e avere il minuto di celebrità che tutti cercano con me. Avevo soldi nel controsoffitto, si è vero. Erano miei, li avevo guadagnati con la società Fenice. Forse è un reato, ma non è quello che mi contestano. I soldi in Austria li ho portati perché avevo paura del fisco. Il PM fa solo supposizioni”.

“Se volevo fare sparire i soldi perché non li ho portati nei paradisi fiscali? Non li avrebbe trovati nessuno, e nel mio ambiente lo fanno tutti. Bastava aspettare la scadenza fiscale di Atena e vedere cosa facevo dei soldi in Austria, se li dichiaravo o li facevo sparire. Invece in due mesi di intercettazioni e pedinamenti hanno potuto scoprire solo quanto lavoravo. Ma loro non hanno accettato la mia uscita dal carcere perché sono un buffone, un pagliaccio e devo marcire in carcere”.