Fabrizio Corona portato in carcere dopo il ricovero in ospedale, l’avvocato: “Non si regge in piedi”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Marzo 2021 - 09:58 OLTRE 6 MESI FA
Fabrizio Corona portato in carcere dopo il ricovero in ospedale, l'avvocato: "Non si regge in piedi"

Fabrizio Corona portato in carcere dopo il ricovero in ospedale, l’avvocato: “Non si regge in piedi”

Fabrizio Corona portato nel carcere di Monza ieri sera, dopo essere stato ricoverato per una decina di giorni nel reparto di psichiatria dell’ospedale Niguarda di Milano. Fabrizio Corona infatti si era ferito quando ha saputo che i giudici della Sorveglianza di Milano gli hanno revocato i domiciliari. Domiciliari concessi nel dicembre 2019 per una patologia psichiatrica.

Fabrizio Corona, il carcere e lo sciopero della fame

Fabrizio Corona ha portato avanti uno sciopero della fame in ospedale per protestare contro la decisione dei giudici. Anche per la difesa dell’ex fotografo dei vip il provvedimento della Sorveglianza ha disatteso tutte le relazioni degli esperti nelle quali si diceva che Corona avrebbe dovuto proseguire il percorso di cure fuori dal carcere. Ieri sera l’ex re dei paparazzi è stato comunque trasferito nel carcere di Monza, come stabilito dalla Sorveglianza milanese.

L’avvocato di Fabrizio Corona: Sta male, non si regge in piedi

“Sta molto male, sono 12 giorni che non mangia, è imbottito di psicofarmaci e si regge a malapena in piedi. Mi chiedo dove è finita l’umanità in questo Paese, non riconosco più il mio Paese”. Così l’avvocato Ivano Chiesa ha commentato il trasferimento in carcere di Fabrizio Corona.

Il legale è andato subito nel carcere di Monza per incontrare l’ex agente fotografico, “che sta proseguendo lo sciopero della fame”. E ha riferito: “Non ho mai visto le dimissioni da un ospedale con trasferimento in carcere alle 23, mai visto un trasferimento in carcere notturno in 35 anni di carriera. Se l’hanno fatto per problemi mediatici o di clamore sono ancora più sconcertato”. E ancora: “Sono senza parole, non capisco più lo Stato in cui vivo“.