Fausta Bonino, infermiera killer: “Paziente cremata? Bene”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Aprile 2016 - 18:52 OLTRE 6 MESI FA
Fausta Bonino, infermiera killer: "Paziente cremata? Bene"

Fausta Bonino, infermiera killer: “Paziente cremata? Bene” (Foto archivio Ansa)

LIVORNO – Alla notizia che la paziente deceduta era stata cremata l’infermiera Fausta Bonino, accusata di aver ucciso 13 pazienti nell’ospedale di Piombino, sembrava sollevata. “L’hanno cremata, non possono fare riscontri”, diceva in una intercettazione che risale al 1° ottobre 2015 facendo riferimento alla morte di Marcella Ferri, avvenuta nel reparto di rianimazione dove lavorava il 9 agosto 2015.

I dettagli sull’inchiesta nei confronti della Bonino cominciano ad emergere e spuntano le intercettazioni dei carabinieri del Nas, eseguite il giorno precedente alla convocazione che la interrogava come semplice testimone per le 13 morte sospette avvenute nel reparto in cui l’infermiera lavorava.

In una conversazione tra la Bonino e una collega, che è stata registrata dagli agenti il 1° ottobre 2015, la donna diceva:

“..l’hanno cremata, non possono fare riscontri che la faccenda è chiusa, la loro parola contro la nostra”.

E il giorno dopo, dopo aver sostenuto l’interrogatorio dal Nas, sempre alla stessa collega infermiera, disse:

“Ho fatto finta di non sapere che era cremata, no?”.

Le intercettazioni, rileva il gip nella sua ordinanza, mostrano uno stato di ansia e preoccupazione della Bonino in vista di un nuovo incontro coi carabinieri del Nas. E’ la sera del 1°ottobre 2015 e, riporta l’ordinanza, Fausta Bonino riferisce a una collega di aver ecceduto nel bere vino. Poi, piangendo, le dice:

“Mi fregano domani, mi mandano in galera”.

Il 29 settembre 2015 c’era stato l’ultimo dei 13 decessi a lei attribuiti, quello di Bruno Carletti. Qualche giorno dopo, sempre nell’ottobre 2015 sarà trasferita di reparto.

A riconoscere la Bonino è stato Francesco Valli, figlio della paziente morta, che confermò ai carabinieri del Nas che era proprio lei la donna che aveva fatto alla madre l’ultima iniezione prima di morire. Il giorno era il 9 agosto 2015. Alle 19.10 l’infermiera fece la puntura per via endovenosa a Marcella Ferri, che aveva subito un intervento per valvoplastica e per protesi d’anca. Circa alle 20.30 Marcella Ferri morì per un arresto cardiaco.

Questo è l’unico dei 13 casi, tra quelli compresi nell’inchiesta, in cui il decesso non viene fatto risalire a una ‘bomba’ di Eparina, ma ad altra causa. I passaggi sono illustrati nell’ordinanza di arresto del gip, dove si fa anche riferimento all’interrogatorio del Nas a Valli come testimone, reso il 22 agosto 2015, pochi giorni dopo la morte della madre. Valli riconobbe Fausta Bonino da una foto.

Lo stesso Francesco Valli, peraltro, aveva presentato un reclamo alle autorità sanitarie. E la sua risulta l’unica denuncia fatta da un parente fra i 13 casi di decessi attribuiti dalla procura di Livorno a Fausta Bonino. Un reclamo che aggrava la posizione dell’infermiera: infatti, rileva il gip Antonio Pirato, Fausta Bonino nella relazione fatta al primario e alla caposala descrive la sua assistenza a Marcella Ferri con delle incongruenze:

“… il medico – scriveva l’infermiera – mi ha fatto anticipare le goccioline della sera e la paziente era contenta; fino alle 19.40, orario della terapia, non ho somministrato nessun altro farmaco alla paziente”, “alle 19 il figlio è uscito, prima ancora che si comunicasse che il passo fosse terminato”.

Per gli inquirenti, e anche per il gip, le affermazioni della Bonino cozzano con le altre testimonianze. Intanto, perché il figlio Francesco Valli riferì che Bonino gli consegnò alle 18.45 tre frammenti di compresse e un bicchierino con tranquillante in gocce, ma che lui stesso somministrò alla madre. E poi anche perché gli orari non tornano con i racconti delle altre infermiere, come quella che disse che il figlio rimase per tutto l’orario consentito di visita ai pazienti, oltre le 19.15.

FOTO ANSA.