Fermo, Amedeo Mancini resta in cella: “Anche la mia vita è rovinata”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Agosto 2016 - 10:59 OLTRE 6 MESI FA
Fermo, Amedeo Mancini resta in cella: "Anche la mia vita è rovinata"

Fermo, Amedeo Mancini resta in cella: “Anche la mia vita è rovinata”

ROMA – “No, io non sono razzista. Non è vero che odio i neri. Forse ho un carattere irruento, può essere. Sono addolorato e pentito per quel che è accaduto. Mi rendo conto di avere tolto la vita a un uomo e di avere rovinato quella di sua moglie, ma non volevo questo. Vorrei che lei sapesse che anche la mia vita, adesso, è rovinata”. Parla così Amedeo Mancini, dopo il provvedimento dei giudici del Riesame che hanno respinto la richiesta di scarcerazione dell’ultrà 39enne di Fermo che (il 5 luglio scorso) reagì con un pugno mortale all’aggressione del profugo nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi e della moglie di questi, Chinyere.

Mancini si trova nel carcere di massima sicurezza di Ascoli Piceno. Come racconta Cristiana Lodi per Libero:

Lì, nella cella che fu di Totò Riina e di Alì Agca. E dove adesso l’ ultrà convive con altri due carcerati stranieri. Loro tre sono tenuti lontano dagli altri detenuti a vario titolo, per ragioni di sicurezza. Con loro, quei ragazzi di colore che si sono macchiati del crimine dei crimini, l’ agricoltore di Fermo che aveva idee di destra e poi di sinistra e ancora di destra, gioca a carte e calcio.

L’allevatore di tori, l’ attaccabrighe, il tifoso della Fermana che dopo una Daspo aveva deciso di seguire la sua squadra dalla tribuna per avere altri guai, con i compagni di cella extracomunitari, ci va d’ accordo: «Certo che ci vado d’ accordo», ripete al difensore Francesco de Minicis. «Abbiamo subito legato, il pallone, le partite a calcetto nel campo del carcere e il gioco alle carte in cella: sono il nostro passatempo. Siamo diventati amici. Ma questa non è una novità per me. La stessa cosa, infatti, accadeva quand’ ero fuori di prigione e dividevo il tempo libero con un amico somalo, ci vedevamo tutte le sere al bar per giocare a ramino».

Erano i giorni in cui l’ ultrà adesso accusato di omicidio aggravato dall’ odio razziale, osannava e si faceva fotografare col calciatore senegalese della Fermana, Sene Papa Moustapha. «La faccia vedere avvocato la bella foto che ho voluto scattare con lui, ma quale razzismo?».