Penati resta libero: “Fu corruzione, tangenti Pd ci sono ma sono prescritte”

Pubblicato il 25 Agosto 2011 - 12:40 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Filippo Penati, braccio destro di Bersani e vicepresidente dimissionario del Consiglio regionale lombardo non deve essere arrestato. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari Anna Magelli respingendo la richiesta d’arresto dei pm di Milano. Il motivo? Le tangenti ci sono state, ammette Magelli, ma sono già prescritte. Stesso motivo per cui il Gip ha rigettato anche la richiesta di arresto per l’ex collaboratore di Penati, Giordano Vimercati.

La motivazione è che, pur essendoci “gravi indizi di reato” e anche “esigenze cautelari”, le tangenti vanno riqualificate non in concussione (come proponevano i pm) ma in corruzione, i cui termini di prescrizione sono però più brevi. E siccome le mazzette pagate dagli imprenditori Giuseppe Pasini per l’area Falck e Piero Di Caterina per la sua azienda di trasporto urbano a Penati e a Vimercati risalivano per lo più al 2001-2002, questi fatti risultano per il giudice ormai prescritti e non possono quindi sorreggere una misura cautelare.

Il gip ha invece disposto l’arresto, sempre per corruzione ma per episodi più recenti compresi tra il 2006 e il 2008, del dimissionario assessore all’edilizia del Comune di Sesto San Giovanni nella giunta di centrosinistra dell’attuale sindaco Giorgio Oldrini, Pasqualino Di Leva e dell’architetto Marco Magni.

Il giudice, per quanto riguarda invece ancora Penati, ha ritenuto che un solo elemento d’accusa, ovvero l’assegno di una caparra da 2 milioni di euro concessa nel 2008 dall’imprenditore Bruno Binasco a Di Caterina per un’opzione immobiliare lasciata scadere due anni dopo, non sia sufficiente a sostenere l’imputazione di illecito finanziamento al partito di Penati che i pm “avevano letto” in quella triangolazione.