I legali di Anemone: “Non collabora e non ha fatto dichiarazioni spontanee”

Pubblicato il 14 Maggio 2010 - 10:20 OLTRE 6 MESI FA

Diego Anemone

Nessuna collaborazione con gli inquirenti da parte di Diego Anemone, il costruttore al centro dell’inchiesta sugli appalti dei grandi eventi. Lo hanno sottolineato i suoi difensori, nella mattinata di venerdì 14 maggio a Perugia, a margine dell’udienza in programma davanti al gip del capoluogo umbro per esaminare la richiesta della Procura di commissariare le aziende del costruttore. In una dichiarazione all’Ansa, i legali hanno sottolineato che Anemone non ha reso interrogatori “o fatto dichiarazioni spontanee e soprattutto non ha fatto alcuna ammissione”.

“In occasione della notifica del decreto di perquisizione finalizzato alla consegna della documentazione di cui aveva parlato il generale della Guardia di Finanza, Francesco Pittorru, nel suo interrogatorio, Diego Anemone – hanno spiegato ancora i suoi difensori – ha semplicemente dichiarato di non essere in possesso della documentazione richiesta. Non ha reso interrogatori, non ha reso dichiarazioni spontanee e, soprattutto – hanno sottolineato ancora i difensori del costruttore – non ha fatto ammissioni per la semplice ragione che non ha ammissioni da fare”.

La perquisizione – secondo quanto si è appreso – è stata fatta da ufficiali del Ros dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza domenica scorsa subito dopo la scarcerazione di Anemone. L’imprenditore è difeso da un collegio composto dagli avvocati Giovanni Aricò, Gianluca Riitano, Adriana Boscagli, Claudio Cimato e Antonio Barbieri.

Sempre in mattinata diversi quotidiani hanno scritto che Diego Anemone, l’imprenditore al centro della cricca degli appalti, ha cominciato a fare le prime ammissioni e con le sue risposte ha già smentito il generale della Guardia di Finanza ora all’Aisi Francesco Pittorru, beneficiario di due case a Roma pagate in parte con gli assegni dell’architetto Angelo Zampolini. Anemone, sempre secondo quanto riportano i quotidiani, avrebbe cominciato a parlare con gli investigatori il 5 maggio, il giorno dell’uscita dal carcere di Rieti dove era detenuto dal 10 febbraio scorso.

Davanti a lui si presentano gli uomini della Guardia di Finanza, con un decreto di perquisizione, spiegandogli che nel corso dell’interrogatorio il generale Pittorru ha raccontato che i soldi per l’acquisto delle due case a Roma erano un prestito di Anemone e che c’era una scrittura privata a dimostrarlo, custodita in una casa di sua proprietà in Sardegna. I pm non credono a questa versione ma danno al generale qualche giorno per recuperarla. Quando però l’ufficiale si ripresenta ai magistrati, sostiene che le carte gli sono state rubate. Anemone smentisce questa versione e agli investigatori – scrivono i quotidiani – dice che non c’é mai stata una scrittura privata tra i due e di non aver mai concesso al generale un prestito.