Gabriele Paolini condannato in appello per la relazione con un 17enne.
Confermata la sentenza in appello per Gabriele Paolini. Il disturbatore tv era già stato condannato in primo grado a 5 anni per la relazione avuta con un ragazzo di 17 anni.
Il processo lo vedeva imputato per i reati di possesso di materiale pedopornografico e tentata violenza sessuale su minori. Confermati entrambi i capi di accusa, mentre è stata riformata la pena accessoria di interdizione perpetua dai pubblici uffici.
In primo grado, con la sentenza del 9 giugno 2017, era invece già caduto l’ulteriore reato di induzione alla prostituzione minorile.
La vicenda, legata a una serie di presunti rapporti sessuali avuti con alcuni minorenni in cambio di soldi e regali, era costata a Paolini l’arresto il 10 novembre del 2013. Dopo 19 giorni di carcere e 20 mesi di arresti domiciliari, Paolini, dal marzo del 2018, è
ai servizi sociali.
Paolini, noto ai più per le sue oltre 35mila incursioni alle spalle degli inviati dei Tg, ha sempre negato con fermezza ogni accusa.
Prima della sentenza, parlando con i giornalisti, ha sostenuto che “era innamorato” del 17enne con cui avrebbe avuto rapporti e che “ha vissuto troppo liberamente la storia d’amore con lui”. Addirittura “usciva con lui e i genitori”.
Il ragazzo di 17 anni, che all’inizio difese Paolini, nel 2017 si costituito insieme ai suoi genitori Parte Civile nel processo contro il sabotatore tv. I giudici di appello hanno riconosciuto anche il risarcimento alle parti civili.
La difesa: “Sentenza moralistica e omofoba”
La difesa di Paolini ha sostenuto in tribunale che “è un processo alla moralità pubblica perché non si accetta che Paolini è omosessuale e che questi ragazzi, di 16 e 17 anni, avessero rapporti omosessuali con lui”.
“La sentenza ha un valore e una natura moralistica e omofoba, perché i fatti contestati sono avvenuti per una relazione omosessuale”, hanno detto gli avvocati Lorenzo La Marca e Massimiliano Kornmuller a margine della sentenza.
“Se si fosse verificato tra due persone di diverso sesso, anche se un maggiorenne e una donna minorenne, sarebbe stato diverso. Aspettiamo le motivazioni per fare ricorso in Cassazione”, annunciano.
Le indagini partite da un laboratorio fotografico
Le indagini erano partite dalla denuncia dei titolari di un laboratorio fotografico di Riccione. Questi avevano ricevuto per via telematica da un punto vendita della Capitale vari file da stampare che ritraevano scene di sesso tra l’imputato e alcuni giovani.
I militari di Riccione informarono così i colleghi di via in Selci che verificarono che i file erano stati personalmente consegnati da Paolini. I giovani ripresi nelle scene di sesso erano minorenni, due di nazionalità italiana e un altro di origine rumena.