Genova, estorsione con molotov al ristorante Maxela

Pubblicato il 19 Aprile 2012 - 15:21 OLTRE 6 MESI FA

GENOVA – Il ristorante Maxela, uno dei locali più in voga dei vicoli genovesi, di cui è cotitolare Alessandro Garrone, figlio di Riccardo, è stato vittima di alcune minacce e intimidazioni.

Verso l’orario di chiusura, quando il locale era semideserto, un cliente, in coppia con un probabile complice, si è recato alla toilette e ha lasciato una bomba nel bagno. Sotto l’ordigno, come avvertimento, un foglio su cui sono riportati i dati bancari di uno dei proprietari.

Quello verificatosi è solo l’ultimo gesto di un’escalation di minacce e intimidazioni rivolte all’azienda, riporta il Secolo XIX. Gli inquirenti ritengono si tratti di un tentativo di estorsione aggravato “dall’utilizzo di una forza intimidatrice” e da “metodi mafiosi”.

Nel registro degli indagati sono iscritte sei persone, tutte o quasi insospettabili, scrive il Secolo: si tratta di due imprenditori, due bikers, un intermediario e una bancaria.

All’origine della vicenda una questione di soldi. Secondo il nucleo operativo dei carabinieri coordinati dal pm Alberto Lari, i due impresari fiorentini Franco e Gianni Bersi, organizzatori e mandanti della spedizione punitiva, avrebbero assoldato gli “esecutori materiali” del lavoro sporco tra esponenti del motor club.

I due, riporta il Secolo, vantano un credito di mezzo milione di euro da Fausto Pedrelli, padre di Marco, cotitolare del Maxela. Il lavoro sporco sarebbe stato affidato ad Alberto Checchi, anni 39, e Domenico Matarazzo, anni 52. Sono loro gli autori materiali del gesto intimidatorio. Sono inoltre coinvolti Marzio Burgio, 46 anni, nel ruolo di ponte tra i mandanti e gli esecutori e Livia Caviglia, 45, bancaria di Intesa San Paolo. Quest’ultima fidanzata di Checchi è riuscita a sottrarre le coordinate bancarie di Marco Pedrelli, posizionate a scopo intimidatorio sotto la molotov.