Ginevra Hollander, pornostar trovata morta: arrestato l’ex Franco Mossoni

di redazione Blitz
Pubblicato il 30 Giugno 2014 - 20:04| Aggiornato il 4 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA

federica-giacomini11-300x161VICENZA – Era scomparsa dalla sua casa di Vicenza nel gennaio scorso, Federica Giacomini, 43 ani, l’attrice hard nota come ‘Ginevra Hollander‘, della cui morte è ora accusato il 55enne bresciano Franco Mossoni, arrestato. I genitori l’avevano sentita l’ultima volta il 31 dicembre, per gli auguri di Capodanno. Poi nulla. A metà gennaio l’avevano cercata, senza esito, tanto da fare, il 19, una denuncia di scomparsa ai carabinieri di Desenzano (Brescia).

Secondo quanto era emerso dagli accertamenti, la donna, che con il suo pseudonimo aveva avuto una certa notorietà come protagonista di film a sfondo sessuale, aveva affittato una casa a Vicenza in cui aveva abitato Franco Mossoni, l’uomo era intanto finito in un ospedale psichiatrico giudiziario dopo aver compiuto un’incursione all’interno dell’ospedale ‘San Bortolo’ vestito da Rambo. Mossoni ha alle spalle una condanna per omicidio compiuto negli anni ’80 quando nel bresciano aveva ucciso un rivale in amore e una lunga carcerazione.

Nel suo appartamento vicentino, la polizia aveva scoperto balestre, coltelli, indumenti femminili e carte che facevano riferimento a Federica Giacomini, donna che aveva pagato anche il cellulare di Mossoni. “Stava con me – aveva detto l’uomo in febbraio – ma ormai è  finita”. E’ stato proprio quell’apparecchio telefonico a chiudere il cerchio investigativo attorno alla figura di Mossoni. Gli agenti sono partiti dai tabulati telefonici per ricostruire le sue mosse tra fine gennaio e inizio febbraio, all’epoca cioè della scomparsa della donna.

L’uomo in quel periodo, aveva freneticamente cercato di mettersi in contatto con un barcaiolo di Brenzone (Verona), sino a trovarne uno aperto d’inverno. Al barcaiolo, non indagato, Mossoni aveva fatto credere di essere un biologo incaricato di depositare sul fondo del Garda un congegno di rilevazione. In realtà, per l’accusa, era una bara di plastica camuffata con pulsanti e antenne per darle una parvenza tecnologica, in cui vi era il cadavere di Federica, appena massacrata. Un sarcofago ripescato il 17 giugno a Castelletto di Brenzone dai sommozzatori della Polizia, seguendo le indicazioni di un testimone. Le spoglie erano state portate all’istituto di medicina legale di Padova. L’autopsia ha accertato che quei resti umani appartenevano a Federica Giacomini uccisa con violenti colpi alla testa.

Ora è da scoprire l’esatto luogo del delitto, forse un appartamento nel veronese nel quale confluivano le celle telefoniche di entrambi e recuperare l’arma del delitto. Nel frattempo, Mossoni dall’ospedale criminale di Reggio Emilia andrà in carcere e nei prossimi giorni dovrà essere interrogato: gli inquirenti si augurano riesca a trovare la lucidità per confermare o smentire le accuse a suo carico.