Gino Paoli, soldi in nero: “Era sistema diffuso”. Reato in prescrizione

di Redazione Blitz
Pubblicato il 31 Luglio 2016 - 08:20 OLTRE 6 MESI FA
Gino Paoli, soldi in nero: "Era sistema diffuso". Reato in prescrizione

Gino Paoli, soldi in nero: “Era sistema diffuso”. Reato in prescrizione

GENOVA – Gino Paoli e i soldi in nero: “Era un sistema diffuso”. Indagato per evasione fiscale, il cantante non sarà processato: il reato è prescritto. I milioni in Svizzera infatti c’erano davvero, trasferiti dopo alcuni pagamenti sottobanco per esibizioni a feste di partito. Ma siccome non è possibile stabilire quando fu accumulato il tesoretto poi esportato all’estero, l’inchiesta va archiviata per prescrizione.

Con questa motivazione nei giorni scorsi il sostituto procuratore Silvio Franz ha chiesto di prosciogliere Gino Paoli, indagato da un anno e mezzo per un’evasione fiscale da ottocentomila euro (tasse dovute su due milioni finiti oltreconfine) legata a un’infedele dichiarazione dei redditi.

Come ricostruisce Matteo Indice per La Stampa infatti:

Nel 2014 a Genova è in pieno, e segreto, svolgimento l’indagine sugli ex manager della Cassa di risparmio, che porterà all’arresto del banchiere Giovanni Berneschi e di altri, sospettati di fare la cresta su una serie di compravendite immobiliari per trasferire le plusvalenze in una banca di Lugano. Fra i registi delle varie schermature c’è un commercialista genovese, Andrea Vallebuona, che finirà di lì a poco in manette. È a lui che Gino Paoli, senza sapere nulla del caso Carige, chiede una consulenza su tutt’altra materia: «Vorrei riportare in Italia dalla Svizzera due milioni, perlopiù ricevuti in nero alle feste dell’Unità». L’artista, che fa riferimento in modo generico «al 2008», non può sapere che la stanza è piena di cimici e l’intera conversazione è ascoltata dai finanzieri.

Sempre Paoli, lo certificano le registrazioni, è timoroso che il suo nome possa trapelare, essendo al tempo in via di definizione un concordato con l’Italia sul rientro dei capitali. Ribadisce di avere il deposito da parecchio e lo preoccupano in primis le conseguenze mediatiche; anche perché – lo sottolinea – è noto come un personaggio integerrimo e in passato è stato parlamentare eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista. Non solo. Al colloquio è presente la moglie Paola Penzo, che pronuncia una frase poi contestata nel giorno delle perquisizioni: «Queste carte – dice lei riferendosi alla documentazione portata all’esame del consulente – le nascondiamo in un luogo sicuro». L’avviso di garanzia, notificato al cantante e alla consorte il 19 febbraio 2015, lo fa dimettere dalla Siae, cancella un paio di concerti e divide persino il Movimento cinque stelle: Beppe Grillo si smarca da quello che definisce un «gioco al massacro sui giornali» contro un suo amico storico, ma la base non gradisce.